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Torta mimosa: dedicato a tutte le donne che mi hanno resa donna



A MAMMA, che mi ha dato alla luce una volta, e ha custodito la mia vita una seconda, standomi semplicemente accanto e cercando di illuminare dove tutto era buio...

A NONNA MARIA, che mi ha fatto anche da mamma, e ha contribuito, forse a sua insaputa, ad allargarmi la mente… ma soprattutto il giro-panza!

A NONNA ANTONIETTA, che ha consentito piccole violazioni alla rigida educazione che mi veniva impartita, regalandomi sempre, di nascosto, il primo boccone fumante.

Torta di mele, il primo amore non si scorda mai...


La torta di mele è un grande classico... ma anche no! Ne esistono infatti mille versioni ed altrettante ricette, più o meno soffici e panose, o croccanti e burrose, vintage o rivisitate. Tutte hanno per me il sapore dello sbocciare del grande amore per la cucina e della passione per i fornelli, nata come un gioco bellissimo.
E proprio una bellissima, luccicante, colorata e rumorosa cucina giocattolo, infatti, è stato il mio primo approccio! Un regalo di Babbo Natale!
Ricordo come fosse ieri quel gigantesco pacco rosso, sotto l'albero addobbato, l'attesa trepidante della mezzanotte, le manine che corrono veloci sul risvolto della carta, il suo fruscio dello strappo e, finalmente, la comparsa dell'oggetto misterio!!!

La ricetta dell'Erbazzone della Spisni ovvero "Speriamo che il principio sia come la fine..."



Abbandonata al suo destino, nel bel mezzo di un gelido inverno e proprio nel periodo dell’anno più prolifico, quanto a fermento culinario, la mia piccola creatura veleggia, vento in poppa, nella rete! Quante gradite visite, ogni giorno, su questo mio umile blog! Grazie anche alle ricette postate lo scorso Natale!

Sì, vive di rendita! Quest’anno, infatti,  non sono stata altrettanto brava e non credo che riuscirò a rimediare a breve.
Il motivo? Questo 2012, che ha visto la luce sotto una cattiva stella (“cattiva”… per usare un eufemismo!), mi ha dato, in questo suo rush finale, una grande opportunità, che richiede, in questa primissima fase il 200% delle mie energie, della mia concentrazione e del mio tempo.
E così, non tanto a causa dell’orario in cui rincaso e in cui, quindi, mi trovo a preparare la cena, quanto piuttosto per la spossatezza mentale, la scarsa abitudine allo studio, e talvolta il poco sonno, anche la quotidiana preparazione dei pasti è ridotta all’osso...
Lo sa bene mio marito che ne fa le spese!!!

 Ma non mi lamento né per gli orari, né per la stanchezza, né per la testa affollata di informazioni, ma sono anzi entusiasta ed elettrizzata e speranzosa che, col giusto impegno, non si risolva tutto in un fuoco di paglia!
…Crepi il lupo!!!

Quanto mi mancano, però,  i miei fornelli! Ma dal momento che resteranno spenti, ho pensato di proporre questa ricetta dell’erbazzone di Alessandra Spisni, che spingeva per essere pubblicata già da un po’.
Chissà… magari viene buona per l'aperitivo del Cenone di San Silvestro! 
E allora… BUON ANNO!!!


ERBAZZONE
(ricetta di Alessandra Spisni)

PER LA PASTA:
300g di farina
70g di strutto
acqua fredda q.b.
sale q.b.

PER LA FARCIA: 
1kg di verdure miste
1 cucchiaio di lardo tritato
50g di parmigiano reggiano grattugiato
4 uova
1 cucchiaio di prezzemolo fresco tritato
sale e pepe q.b.
noce moscata q.b.

Amalgamate 300g di farina, 70g di strutto, un pizzico di sale e acqua fredda q.b. ad ottenere un impasto omogeneo. Lasciate riposare l’impasto nella pellicola trasparente almeno mezz’ora prima di stenderla.
Nel frattempo pulite, lavate e lessate le verdure (spinaci , bietole, cicoria) in acqua salata (io le faccio appassire un tipo per volta in padella con l’aiuto dell’acqua d lavaggio, restano molto più verdi e croccanti!). Ripassate in padella con il lardo tritato e insaporite con sale e pepe.
Mettete le verdure in una terrina con le uova, un po’ di noce moscata, il prezzemolo tritato e il parmigiano reggiano (meglio se 30 mesi, bello saporito!). Condite il composto così ottenuto con sale e pepe.
Dividete in due l’impasto; con i 2/3 foderate lo stampo ( Ø 28cm) e, dopo averlo bucherellato con una forchetta, riempite con il composto. Ricoprite col restante terzo e bucherellate di nuovo per far evaporare l’umidità interna in eccesso.
Cuocete in forno a 160°/180° per 40’/45’.
Servite freddo.

Sacher Torte e ... la ricetta della festa perfetta!


Prendete un manipolo di amici, amici veri, i migliori, quelli che ci sono sempre stati e quelli che sembra ci siano da sempre.
Non abbiate timore nel mescolare persone che si conoscono tra loro a persone che non si sono mai viste prima, perché tutte hanno qualcosa in comune: un’amica  speciale almeno quanto ognuno d’essi lo è per voi.

Apparecchiate per loro una tavola colorata, adorna dell’omaggio floreale che due tra i più romantici vi hanno fatto recapitare a casa, mandatovi  in confusione nel bel mezzo dei preparativi, accompagnandolo ad un messaggio che vi ha commosso fino alle lacrime.
Imbandite la tavola con i vostri esperimenti culinari più arditi (… altrimenti a cosa servono gli amici!!!): non vi saranno al mondo cavie più disponibili e felici d’esser tali.

Fate saltare il tappo dello spumante e fate scorrere, vivaci, le bollicine nei calici. Lasciate che questi ultimi tintinnino, più e più volte, alla vostra salute, infischiandovene bellamente, almeno per una sera, del Galateo, dei rumori, dei vicini… dei problemi, del lavoro (che non c’è), della paura della precarietà del futuro … di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, di cosa sia meglio o peggio … dei pregiudizi della gente e delle chiacchiere … della stupidità e dell’ignoranza … E trovate il modo per comunicare, a chi vi sta intorno, quanto sia importante per voi, che siano lì in quel momento, quanto bene gli volete e cosa sareste disposti a sacrificare per loro.
Trovate il modo per dire ciò che pensate, di dare consigli non richiesti, anche a costo di litigare, perché capiscano quanto teniate a loro e quanto il vostro affetto sia sincero.

Questa è ricetta che ho seguito per la mia festa di compleanno perfetta! Ma non mi sarebbe mai riuscita senza i miei invitati.

Di seguito invece, la ricetta della Sacher-Torte che ho servito come dessert, la dedico a coloro i quali, avendo dovuto lasciare la festa prima del tempo, non sono riusciti ad assaggiarla …
 “Cioè lei praticamente non ha mai assaggiato la Sacher Torte?!”
“No"
"Bene, continuiamo cosi, facciamoci del male!"

(Cfr. “Bianca” di Nanni Moretti)


SACHER TORTE
Ingredienti:
140g di farina “00”
100g di cioccolato fondente
100g di burro
90g di zucchero semolato
90g di zucchero a velo vanigliato
5 uova
1 cucchiaino di vaniglia bourbon
burro per lo stampo
Sale

PER LA FARCITURA:
150g di marmellata di albicocche

PER LA DECORAZIONE:
250g di zucchero semolato
200g di cioccolato fondente
panna montata

Tagliate il burro a pezzettini. Fate fondere il cioccolato a bagnomaria e fatelo intiepidire. Imburrate uno stampo da 22cm di diametro, foderate con un disco di carta da forno e imburratela. Accendete il forno a 170°.
Lavorate il burro con lo zucchero e la vaniglia fino a renderlo soffice. Amalgamate i tuorli, uno alla volta, quindi il cioccolato appena tiepido, versandolo a filo nella ciotola e mescolando con il cucchiaio di legno. Montate a neve gli albumi con un pizzico di sale e incorporateli al composto al cioccolato. Unite la farina, poca per volta, dopo averla setacciata.
Versate il composto nello stampo, livellatelo e cuocete nel forno già caldo per circa 1h. Lasciatela riposare per 15’ e poi rovesciate su di una gratella e fate raffreddare.
Tagiate la torta nello spessore a metà. Scaldate la confettura a fuoco molto basso, passatela al colino e stendetela sul disco inferiore della torta. Adagiatevi sopra l’altro disco e spennellate tutta la torta con la rimanente confettura calda. Fate riposare per 6h prima di glassare.
Preparate la glassa. Fate sobollire 1dl d’acqua con lo zucchero e il cioccolato per qualche minuto, sempre mescolando, e quando saranno amalgamati, trasferite la glassa così ottenuta in una ciotola. Versate 1/3 della glassa su di un piano di marmo (che io non ho!), lavoratela con una spatola e quando sarà fredda mescolatela a quella calda della ciotola. Mescolate e ripetete l’operazione fino a che tutta la glassa non sarà completamente fredda (io ho usato 2 ciotole per fare questa operazione: il risultato è buono ma la glassa, come si vede non è molto lucida!). Versatela sulla torta e stendetela molto rapidamente su tutta la superficie. Decorate a piacere con la panna montata.

Torta Angelica delle Sorelle Simili ovvero … “La dieta è finita… mangiate in pace!!!"


Anche questa volta, la dieta è finita! Sono riuscita a portare a termine l’intero programma alimentare che avevo intrapreso…  Volete sapere qual è? Ebbene sì, ci sono caduta anch’io… No, non è la dieta Dukan! Ma, di fatto, il suo adattamento italiano, ad opera di Rosanna Lambertucci:Il Viaggio Dimagrante!


…Lo so che non si fanno le “diete dei giornali”; lo so che ognuno di noi è diverso, e che le diete dimagranti si fanno seguiti da un medico specialista, so tutto ma…  quando si è provata qualsiasi cosa da 20anni a questa parte per perdere qualche chilo; quando si conoscono a memoria tutte le regole della sana e corretta alimentazione e le si applicano senza alcun risultato da anni; quando i chili acquistati a Natale continuano, nonostante i sacrifici e digiuni, a campeggiare sui tuoi fianchi fino a Ferragosto… posso assicurare che ti rivolgeresti anche ad uno sciamano indiano, con tanto di bambolina Wodoo, per perdere qualche chilo!!!
Questo regime alimentare, sostanzialmente proteico, è, di fatto, rieducativo: educa il metabolismo, riattivandolo! Certo il sacrificio è grande, ma i risultati sono abbastanza veloci e duraturi nel tempo… Insomma FUNZIONAAA!!!
Il più importante inconveniente di questa dieta dimagrante è che, oltre a proibire categoricamente i dolci per tutto il periodo, non concede, a differenza di altri regimi alimentari, nessuna “distrazione”, per così dire: niente pizza+birra al sabato sera, niente pasto libero a settimana, niente vino,  niente di niente… per sole 7 settimane xò!
Queste regole ferree portano a ridurre drasticamente la vita sociale e, nel mio caso, ad abbandonare i manicaretti che avrei voluto proporre sul blog!!! Non che non me ne sia preparati, di dietetici, ma ugualmente succulenti sia per la vista che per il gusto… ma, una volta pronti, la fame era tale che proprio una foto era l’ultimo dei miei pensieri!!!

Ho sognato questa brioche per tutte le 7 settimane, e me la sono regalata come premio, alla fine del mio VIAGGIO!
Ovviamente adesso per mantenere i risultati, dovrò seguire le indicazioni per il mantenimento del peso e ho già in programma un secondo viaggio per il raggiungimento del peso forma ma… con calma!
Per il momento mi godo questa bontà, con la quale festeggio il primo anno del Blog!!! AUGURI! 




L'ANGELICA delle Sorelle Simili
INGREDIENTI:
Lievitino:
135 gr farina manitoba
13 gr lievito di birra
75 gr acqua
Amalgamare tutti gli ingredienti e formare un panetto. Far lievitare 30’o fino al raddoppio.

Impasto:
400 gr farina manitoba
75 gr zucchero
120 gr latte tiepido
3 tuorli
1 cucchiaino di sale
120 gr burro

Glassa velante: (io ho usato questa!)
4 cucchiai di zucchero a velo
1 chiara d'uovo

Glassa coprente:
150 gr zucchero a velo
1 chiara d'uovo

Farcitura:
75 gr uvetta
75 gr scorza d'arancio candita (io ho usato 150g di uvetta)
50 gr burro fuso

In una ciotola mettere la farina, fare la fontana, mettere al centro il latte tiepido, lo zucchero, il sale e amalgamare con un poco di farina. Unire il burro e finire l’impasto battendo fino a quando non si staccherà dalla ciotola.
Rovesciare sul tavolo, unire il lievitino e battere finchè i due impasti saranno ben amalgamati.
(ovviamente io ho utilizzato la planetaria KENWOOD 
per entrambe le operazioni, e il risultato è eccellente!) Rimettere nella ciotola unta e far lievitare 1h, o finché sarà raddoppiato di volume. 

Rovesciarla sul tavolo infarinato e stenderla formando un rettangolo di 2-3mm di spessore, senza lavorarla. Pennellare abbondantemente con il burro fuso, cospargere di uva sultanina, precedentemente ammollata e asciugata, e di scorza di arancia candita tritata. Arrotolare il lato più lungo. Tagliare questo rotolo a metà, per il lungo, con un coltello affilato e sottile, infarinandolo di tanto in tanto. Separare delicatamente i due pezzi, girarli tenendo il lato tagliato verso di voi e formare una treccia facendo in modo che la parte tagliata rimanga il più possibile all’esterno.
mettere su di una teglia da forno e chiudere la ciambella. Pennellare con burro fuso e far lievitare per 30’-40’, coperta a campana ( deve quasi raddoppiare).
Cuocere in forno a 200° per 20’-25’. Nel frattempo diluire i 4 cucchiai di zucchero a velo con 1 albume, fino ad avere una glassa semi densa.
Appena l’Angelica esce dal forno, pennellarla con la glassa e lasciarla asciugare. Volendo si può mettere ad asciugare in forno per 30 secondi.

Il Pannocchio di Campobasso: dolce natalizio molisano


Perché un dolce molisano? La provincia di Campobasso (Cambuasce, in molisano) confina, a Sud, con quella di Benevento.
Storicamente, gran parte del territorio molisano, devastato dai Goti alla caduta dell’Impero Romano e annesso poi al Ducato longobardo di Benevento, si identifica con l'antico Sannio.

Il “Pannocchio”, a casa mia, s’è chiamato, per molti anni, “Lupacchiotto”(!) dal nome, familiarmente storpiato da me e dalla mia mitica Zzzia , compagna di mille avventure (e della quale ho già scritto qui) del suo più antico e famoso produttore, La Pasticceria Lupacchioli, di Campobasso, città natale del Pannocchio!

La prima volta che questo soffice e fragrante panettoncino dorato è comparso sulla nostra tavola di Natale, è stato, ormai molti anni fa, grazie ad una strenna natalizia ricevuta da zio Maurizio, da parte di un cliente molisano. Per me e mia zia, fu, da subito, amore al primo assaggio! D’anno in anno, aspettavamo con trepidazione, il momento, alla fine del pasto del giorno di Natale, per rinnovare la nostra adorazione e poi… avventarci sulla fetta più grande e cioccolatosa!

Solo di recente, e attraverso la ricerca di una sua ricetta affidabile, nel tentativo di riprodurlo fedelmente, ne ho scoperto il nome proprio: Pannocchio, appunto!
Ma che fatica! …Non è facile cercare la ricetta di qualcosa di cui conosci alla perfezione il sapore, la fragranza, la consistenza… ma non il suo nome!

Poi, il Natale scorso, in giro per Benevento, ne vedo uno simile al famoso "Lupacchiotto", che tanti Natali aveva allietato, ma non è della Pasticceria Lupacchioli…
E' "Alberti"... e sulla sontuosa confezione "giallo Strega", campeggia un adesivo rosso, come se fosse stato apposto successivamente, come per dimenticanza, che recita: “Il vero Pannocchio molisano!”
… E dillo prima, no???

Provate questa burrosissima versione natalizia, e se poi v'è piaciuta per il Natale, provate anche la sua versione light, più adatta ad accompagnare la colazione di tutti i giorni!


PANNOCCHIO MOLISANO – THE ORIGINAL
300 gr. farina “00”
150 gr. farina di mais, fioretto
300 gr. di zucchero
5 uova
300 gr. burro morbido
1 bustina lievito x dolci
1 pizzico di semi di vaniglia
1 bicchierino di liquore (rhum, Amaretto, o Strega, che è la mia ovvia scelta!)
200g di gocce di cioccolato extra fondente
1 pizzico di sale

Sbattete i tuorli con lo zucchero semolato, fino a quando non saranno schiariti.
Aggiungete le due farine setacciate insieme al lievito, i semi di vaniglia e ad un pizzico di sale, mescolando con un cucchiaio di legno.
A questo punto, aggiungete il burro ammorbidito (o sciolto al microonde), il bicchierino di liquore (Strega!) e le gocce di cioccolato fondente extra fondente.
Cuocete in forno statico a 150° per 45’.
Prima di sfornare, fate sempre la “prova dello stecchino”.


PANNOCCHIO - LIGHT VERSION
350g di farina bianca
150g di farina di mais (fioretto)
150g di zucchero semolato
100ml di olio d' oliva
3 uova
1 bicchierino di latte
1 bicchierino di rum (o Strega!)
1 bustina di lievito in polvere
1 cucchiaio di zucchero a velo
1 pizzico di sale


Separate i tuorli dagli albumi e metteteli in due ciotole differenti.
Sbattete i tuorli con lo zucchero semolato, fino a quando non saranno schiariti e poi, incorporate l’olio, continuando a montare.
Aggiungete le due farine setacciate insieme al lievito e ad un pizzico di sale, mescolando con un cucchiaio di legno.
Unite i liquidi: prima il latte e poi il rum (o lo Strega!) poco per volta, sino da ottenere un composto morbido, ma non liquido.
Montate gli albumi a neve ben ferma e amalgamateli all' impasto delicatamente.
Versare l' impasto in una tortiera imburrata e infarinata di 24cm di diametro o, meglio, in uno stampo da plumcake.
Cuocete nel forno a 180°per 50’ e comunque fate la “prova dello stecchino”.Spegnete il forno, aprite lo sportello, lasciate intiepidire.





Ciambella & Cagnina… “te lo do io il promemoria"!!!



Dalla Romagna, ”terra sincera, generosa e viva”... mi sono fatta un po’ adottare!
La Romagna mi ha accolta, sin da subito, come una figlia. O forse io mi sono sentita subito a casa.
Credo sia stato amore a prima vista, prima coi romagnoli e poi con la loro terra…
Ok, va bene … confesso e rettifico!
Prima col romagnolo,  quello che poi è diventato mio marito :-), e subito dopo - tempo 3 settimane di frequentazione, vista la sua insistenza! - con la sua terra!
E meno male che mi ero detta che questa volta ci sarei andata coi piedi di piombo; che sarei stata cauta; che non avrei corso, perché non c’era alcuna fretta… Già, infatti IO non avevo alcuna fretta!!! ;-P

Dai campi coltivati a frutta che ti accompagnano, ai lati della strada, verso la città di Ravenna, fino al profumo del mare, forse più intenso d’inverno che nella stagione estiva (quando, se trovi il coraggio d’immergerti, ti accorgi che, come dice il grande Giacobazzi, “è mare per… convenzione!!”), passando per le storiche vie del centro, tutto, in quella parte di Romagna, è bellezza, accoglienza e geniunità.

Come le tradizioni, le ricorrenze, le abitudini che si ripetono rassicuranti, ogni anno, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre è tempo di Cagnina! La Cagnina di Romagna è un vino dolce, di corpo, leggermente acidulo, dall’intenso colore violaceo, ottenuto per almeno l’85% da uve del vitigno “Refosco”, localmente denominato “Terrano”. Ed è un romagnolo DOC, dal momento che viene prodotto solo tra la provincia di Ravenna e quella di Forlì/Cesena!


Come molti vini rossi, dolci e leggeri, si accompagna molto bene alle castagne…
Ma si sposa :-)
 solo con la ciambella romagnola, che, sorprendentemente e seguendo il famoso detto “Non tutte le ciambelle riescono col buco”, non è dotata proprio di quest’ultimo!!!
La teoria della mia dolce metà, è che se la ciambella romagnola non avesse le sembianze che ha, non potrebbe servire all’uopo, e cioè non potrebbe essere comodamente intinta in questo rosso nettare…
Io ci credo… E voi???
Provare per credere!


CIAMBELLA ROMAGNOLA
Per 2 ciambelle (non lesinate, fate tutta la dose... va a ruba!)

500g farina “00”
200g zucchero semolato
200g burro
16g lievito chimico per dolci
3 uova
latte q.b.

Il procedimento della ciambella è in tutto e per tutto simile a quello utilizzato per la pasta frolla, che trovate sempre quicon la sola aggiunta di qualche cucchiaio di latte, che vi aiuterà a mantenere l’impasto più morbido e fluido;  e con l’accortezza, come consigliato dalle Sorelle Simili, di lavorarlo con la spatola e non con le mani. 
Quando tutti gli ingredienti saranno stati amalgamati, infatti, non avrete un panetto ma un composto piuttosto appiccicoso, che, proprio con la spatola, trasporterete su di una teglia forno, formando 2 filoni.
Spennellate i filoni con un po’ di latte, cospargeteli abbondantemente di granella di zucchero, e infornate, in forno preriscaldato a 175° per 25’/30’.
Sfornate, fate raffreddare e servite.

Il giorno successivo la sua preparazione sarà perfetta, e si conserverà così, purché a riparo da fonti di calore e umidità, per una settimana!


Ps. Manco a farlo apposta, proprio oggi esce l'ultimo album di Laura Pausini, romagnola DOC!!!

Crostatine di patate e cioccolato


Il mio primo giorno di scuola è un ricordo po’sfocato. Più che un ricordo in realtà, un insieme di percezioni sensoriali …
Un atrio gigantesco, illuminato da una grande vetrata assolata.
Un vociare indistinto di bimbi, suoni disparati: risate, urla, pianti…
L’odore umido di gesso e cimosa.
Il sudore appiccicaticcio di una mano che cerca un’altra mano, nella ferma volontà di non lasciarla andare, per nessun motivo.
La gola secca per la paura, la salivazione azzerata dall’emozione della nuova avventura, tanto attesa.
In fondo al salone, sulla destra, si apre un corridoio sul quale si affacciano tante porticine…
Dentro quelle porticine, il mondo!
 Il mondo come te lo insegnerà la maestra.
Il mondo da esplorare con nuovi amici, simpatici e antipatici, ma comunque compagni di avventura!
 Molte volte ho rivissuto l’emozioni di quel giorno, perchè molti primi giorni di scuola si susseguiti e molti sono stati i compagni d’avventura…
Fino a capire che, se “gli esami non finiscono mai”, come diceva il grande Eduardo, è proprio perché infiniti sono nella vita, i primi giorni di scuola…
Lo scorso mercoledì è stato, per me, l’ennesimo primo giorno di scuola: il primo giorno in un nuovo posto di lavoro, il primo giorno di un lavoro nuovo…
E queste crostatine lo rappresentano un po’…
E poi… si possono mettere in cartella!!!

CROSTATINE DI PATATE E CIOCCOLATO

350g di pasta frolla
1 hg di patate
gr 80 burro
gr 100 zucchero
250 cl panna liquida
2 uova
1oo gr uva passa ammorbidita
gr 50 pinoli
gr 100 canditi
gr 100 gocce di cioccolato fondente

Lessate le patate e schiacciatele, ancora calde, con lo schiacciapatate. Amalgamate a queste, il burro e la panna. A parte, frullate i canditi con lo zucchero e aggiungetevi, sempre frullando, le uova. Unite i due composti e aggiungete i  pinoli, l’uvetta e le gocce di cioccolata. Imburrate ed infarinate una teglia di 26/28cm di diametro e rivestitela con la pasta frolla. Versate il composto sulla pasta frolla e infornate, in forno già caldo a 175°1h circa.


Torta di riso... traditional way!



E’ arrivata…
Per motivi che stento ancora a definire “professionali”, è arrivata la vendetta della torta di riso tradizionale! La scaramanzia mi impone ancora il silenzio stampa ma, dal momento che l'ho sperimentata, come promesso, storia e ricetta!!!

Di questo dolce si trova testimonianza, a Bologna, già dal XVI secolo, col nome di Torta degli Addobbi, poiché veniva preparata in occasione della festa religiosa parrocchiale bolognese degli Addobbi.
La Festa Degli Addobbi celebrava, e celebra tutt’oggi, il decennale eucaristico di ogni parrocchia della città di Bologna, che, per l’occasione, veniva appunto addobbata con drappi e coccarde. Durante la festa, si portava in processione l'immagine del Corpus Domini, accompagnato dalla banda e dai canti dei parrocchiani e le case,anch’esse addobbate a festa con drappi e fiori, erano aperte ai vicini, ai quali si offriva la torta di riso, o Torta degli Addobbi!



TORTA DI RISO BOLOGNESE:
(Depositata presso la Camera di Commercio dell'Accademia Italiana della Cucina di "Bologna dei Bentivoglio" il 14 dicembre 2005)

Ingredienti:

1 litro di latte
200 g di riso
200 g di zucchero caramellato (io ho usato il semolato)
100 g di zucchero vanigliato
3 tuorli d'uovo
3 uova intere
100 g di mandorle pelate
100 g di cedro candito
un bicchierino di liquore mandorla amara (Amaretto di Saronno)
cannella
chiodi di garofano
buccia grattata di un limone
pizzico di sale
facoltativo: 4-6 amaretti (io non li ho messi)

Far bollire il latte, aggiungere il riso, la scorza grattata di limone, il pizzico di sale, lo zucchero vanigliato. Far cuocere il riso facendo assorbire quasi completamente il latte. Far raffreddare in una terrina il riso per far assorbire il latte rimasto dalla cottura. Nel frattempo sbattere le uova con lo zucchero caramellato, incorporate le mandorle tritate, il cedro candito tagliato a dadini (io l’ho tritato insieme allo zucchero semolato) (per chi usa gli amaretti aggiungerli frantumati finemente); amalgamare il tutto con il liquore di mandorle amare. Mettere tutto in uno stampo imburrato e spolverato con pan grattato; l'impasto deve essere di 3-4 cm. Cuocere in forno scaldato a 180° per 20 minuti, poi abbassare a 150° e cuocere per altri 40-45 minuti. Come si forma una crosticina bionda e croccante togliere dal forno, lasciare intiepidire e bagnare con liquore dopo aver fatto dei forellini con uno stecchino. Togliere dalla teglia, tagliare la torta rigorosamente a losanghe e servirla!

La Pastiera: cibo degli Dei!


Nel mio Sud,  la Pasqua non arriva mai silente, ma la precede il suo profumo.
In ogni strada, in ogni vicolo, in ogni androne di palazzo, per ogni tromba di scale si diffonde un profumo intenso e aromatico, un profumo inconfondibile, misto di fiori d’arancio e cannella!
E’ tempo di Pastiera!
Dietro ogni porta c’è una nonna, una mamma, una donna che, con amore e passione per la tradizione, segue la sua personalissima ricetta, tramandata di generazione in generazione, convinta di riprodurre, di anno in anno, il miracolo di una nuova ambrosia.
Secondo la leggenda, infatti, la pastiera sarebbe davvero cibo degli Dei…
La bella sirena Partènope, colpita dal suggestivo paesaggio del golfo, che si estende tra il Vesuvio e Posillipo (secondo altre fonti invece, in fuga dopo essere stata rifiutata da Ulisse del quale s’era invaghita), ivi stabilì la Sua dimora.
Ogni primavera, Partènope era solita riemergere dalle acque, presso la riva dell’isolotto di Meganide, e offrire al popolo lo spettacolo del suo melodioso canto. Un anno, che la sua melodia più del solito era entrata nel cuore degli abitanti, quest’ultimi, per renderle omaggio, le portarono in dono i frutti del loro sudore.
La farina, forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori; le uova, simbolo della vita; il grano tenero, bollito nel latte, unione dei due regni della natura; l'acqua di fiori d'arancio e le spezie, omaggio dai profumi della terra; ed infine lo zucchero, dolce come il canto stesso della sirena.
La sirena ascese in cielo e depositò i doni ai piedi degli Dei, che lieti dell’offerta, mescolando insieme gli ingredienti, prepararono la prima pastiera.
Oggi, come un tempo, in ogni forno se ne cuoce, lentamente, con pazienza, più d’una... Ognuno la prepara per la propria tavola, e “per regalare”!
Per la dirimpettaia; per la “commara” o il “compare”; per l’amica di sempre; per una suggellare una nuova amicizia; per una zia; per una persona anziana “che non la fa più”…
La Pastiera si regala… e si riceve!!! In realtà, alla fine, ci se la scambia, magari sul pianerottolo di casa!!!
E anche io, seppur distante chilometri da quella terra generosa, ma vicina per cultura e tradizione, non manco di rinnovare questo generoso rito culinario.
Nella mia famiglia, quando, al termine del pranzo pasquale, arrivano in tavola, nell’ordine, la pastiera di Nonna Maria, quella di Zia Cinzia e quella della mia Mamma, s’ingaggia una vera e propria gara!!! Tutti vogliono assaggiarle tutte, dare il proprio giudizio!
Il risultato??? Alla fine, ognuno preferisce la pastiera della “Sua Signora”, ma tutti hanno la pancia piena!!!
NB. Detto tra noi, quella della mia mamma, è sempre la migliore!!!

 PASTIERA NAPOLETANA
Ingredienti:
PER LA PASTA FROLLA:
500g farina
200g burro
200g zucchero
3 uova
PER LA FARCIA:
400g grano tenero cotto
100g latte
30g burro
buccia di limone
700g di ricotta di mucca
500g di zucchero
5 uova
2 tuorli
buccia di limone grattugiata
1pizzico di vaniglia Bourbon
fialetta d’aroma di fiori d’arancio
1cuchiaino di cannella
½ bicchierino di liquore Strega
Preparate una pasta frolla, ma provate a farla come la faccio io!
Su di un tagliere, disponete il burro freddo, tagliato a cubetti, e lavoratelo con la mano destra, fino ad renderlo morbido e malleabile.

Con la mano sinistra aggiungete lo zucchero, tutto in una volta, sul burro, e, continuando a lavorarlo, sempre con la mano destra, amalgamate insieme i due ingredienti.
Quando lo zucchero sarà omogeneamente distribuito nel burro, spalmate un po’ sul tagliere e aggiungete le uova, che incorporerete, utilizzando solo i polpastrelli, sempre della sola mano destra, e tenendo sempre la sinistra pulita, con un movimento circolare antiorario. Quando il magma che avrete ottenuto sarà omogeneo, gettate la farina su di esso, tutta in una volta. Incorporate la farina, con un movimento circolare, dal basso verso l’alto.
A questo punto, potrete usare entrambe le mani per la lavorazione, ammassando la pasta e utilizzando, di preferenza, i polpastrelli delle dita piuttosto che i palmi delle mani, questo per evitare di scaldare troppo l’impasto.
Quando tutta la farina sarà assorbita e avrete ottenuto una palla, rivestitela di pellicola e fatela riposare in frigorifero per 30’.
Nel frattempo prepariamo la farcia!
Versate il barattolo di grano cotto in una pentola, con il latte, il burro e la scorza di limone in grandi pezzi. Ponete la pentola sul fuoco per circa 10’ e fate asciugare il latte mescolando, fino a che non abbiate ottenuto una crema. Fatela raffreddare.
A parte, in recipiente, frullate la ricotta con lo zucchero, fino ad ottenere un composto piuttosto liscio e sottile. Aggiungete le 5uova e i 2tuorli, la buccia di limone grattugiata e tutti gli aromi.
Unite il grano a questo composto, dopo aver eliminato la buccia di limone.
Stendete la pasta frolla e foderate con essa uno stampo in alluminio per pastiera di 32cm di diametro, circa.
Versate il composto di ricotta e grano nello stampo e decorate la superfiche con (poche) strisce di pasta frolla.
Infornate a 180° per circa 1h o finché la pastiera non avrà assunto un colore ambrato.
Spegnete il forno e lasciate raffreddare all’interno (operazione impossibile, se avete alte 3 o 4 pastiere da cuocere!!!).
La pastiera non si mangia calda (come fa quell’ingordo di mio marito!), ma si consuma dopo averla fatta riposare almeno un paio di giorni in luogo fresco e asciutto.

Torta di riso e caramello profumata agli agrumi: rivisitazione di un classico bolognese.


La terra in cui vivo è ospite cordiale da molti anni e di lei, nel tempo, ho imparato a conoscere le persone, gli usi, i costumi e anche le tradizioni culinarie, che sono entrate a far parte del mio repertorio gastronomico, da protagoniste.
Vivere lontano dalla mia terra d’origine - ma non dalle sue tradizioni, trasmesse, con amore, dalla mia famiglia - è stato, per me, come viaggiare da turista attento, attraverso una cultura sconosciuta: osservatore diffidente prima, attore curioso e aperto poi.
Questo ha fatto di me una persona attenta alle diversità, che sa coglierle, apprezzarle, e metabolizzarle.
Ma io resto, orgogliosamente, una meridionale emigrata al Nord; una campana trapiantata in Emilia- Romagna;  una beneventana che, dall’età di 8anni, vive in provincia di Modena e, da quasi 10anni, lavora* a Bologna o nella sua provincia.
Nonostante il tempo però, ci sono cose che continuo a non capire! Una di queste è la torta di riso!!! Non saprei come dirlo diversamente… Non la capisco! Non ne capisco il sapore!
Ma è un grande classico della tradizione bolognese e ha origini antichissime.
La ricetta originale è depositata presso Camera di Commercio dell'Accademia Italiana della Cucina, e prima o poi la proverò e racconterò la sua storia, ma...
Quella di seguito è la profumatissima variante dello Chef Laura Ravaioli!



TORTA DI RISO & CARAMELLO PROFUMATA AGLI AGRUMI (ricetta di Laura Ravaioli)

Ingredienti:
1 l di latte

200 g di riso tipo originario o comune 
50 g di burro 
150 g di zucchero
2 uova intere
2 tuorli
2 arance, la scorza grattugiata
2 limoni, la scorza grattugiata (o se preferite un gusto più esotico 2 lime)
1 pizzico abbondante di sale
250 g di zucchero per il caramello
qualche goccia di limone

Mettete il latte in un casseruola con lo zucchero e portate ad ebollizione sempre mescolando. Aggiungete il sale, il burro ed il riso. Mescolate bene, abbassate la fiamma e lasciate cuocere fino a che il latte non si sarà completamente assorbito. Lasciate raffreddare la crema di riso prima di unire le uova e le scorza degli agrumi, poi amalgamate bene il tutto. Intanto, in un pentolino di rame non stagnato, mettete lo zucchero, il succo di limone, bagnate con ½ bicchiere di acqua e lasciate cuocere fino ad ottenere un caramello biondo dorato, versatelo in uno stampo per torte quadrato, da 22 cm di lato e, facendo molta attenzione, ruotatelo in modo che il caramello lo rivesta completamente. Lasciate raffreddare il caramello prima di versare il composto di riso.
Cuocete la torta in forno caldo a 180° per circa 30 minuti.

Lasciate raffreddare la torta per qualche minuto prima di sformarla sul piatto di portata.
Fate attenzione a che il caramello non si raffreddi troppo altimenti la torta rischia di rompersi quando la girate.
Nel caso in cui si sia raffreddato troppo, scaldate il fondo dello stampo sulla fiamma del fornello per fluidificare di nuovo il rivestimento di caramello.
*“LAVORA”, da qualche tempo, è un parolone! Si perché sono cassa (DIS)integrata – come dico io!- in attesa di mobilità, alla ricerca di lavoro e di una nuova strada...
Il problema è che, come diceva il Grande Massimo Troisi, in un famoso sketch:
“… solo lavoro non se ne trova, sempre co’ n’ata parola vicina addà sta???”

Come? Non ho capito bene? ...M’era parso d’aver sentito… No, ma forse ho capito male…
EH??? CRISI??? Allora ho capito bene! Quale CRISI??? Chi ha parlato di CRISI??? Non vi permetto…!!!
JJJ