Il Pandoro... Nuove tradizioni natalizie



Anche le tradizioni cambiano. Questo Natale ha visto le mie, mutare radicalmente. Le tradizioni, la ciclica consuetudine del loro riproporsi, sono rassicuranti, tanto più quando sono piacevoli; quando l’appuntamento con esse è atteso con trepidazione…

 Per me, invece, s’apre, da quest’anno, una nuova stagione, nella quale “scrivere” nuove tradizioni natalizie (e non), nuove consuetudini o, addirittura, improvvisarne di nuove ogni anno! D’ora in avanti, di anno in anno, si dovrà decidere dove, come e con chi trascorrere il Natale! Sono i problemi che si hanno quando s’è circondati da persone che ti vogliono bene e che si litigano la tua presenza alla loro tavola della festa! Questa diventerà per me e per le persone che con me condividono il percorso ad ostacoli che è la vita, una nuova tradizione!

Per questo Natale ch’è trascorso non posso far altro che dire grazie…
Grazie ai miei ospiti, perché mi hanno fatto davvero sentire a casa, anche s’era il mio primo Natale con loro.
Grazie a chi non c’era, perché ha fatto in modo che non sentissi troppo la sua mancanza.
Grazie a chi ha tenuto un posto per me, anche se sapeva che avrei dovuto rinunciare alla sua straordinaria ospitalità.
GRAZIE!!!

Per festeggiare quindi il cambiamento, nel quale va sempre ravvisato il lato positivo, pur col suo naturale bisogno di rodaggio, vi regalo il mio pandoro delle Sorelle Simili
Beh, forse per tradizione, da me, ci si doveva aspettare un bel piatto di struffoli napoletani, ma… tant’è!!!


IL PANDORO
(ricetta tratta da "Pane e Roba Dolce" delle Sorelle Simili)


IL LIEVITINO
15 gr lievito di birra
60 gr acqua tiepida
50 gr farina
1 cucchiaio di zucchero (circa 10 gr)
1 tuorlo


Fondere il lievito nell'acqua tiepida, unire lo zucchero, il tuorlo e la farina e battere finché sarà ben amalgamato e liscio, coprire e far lievitare fino al raddoppio, 50'-60' circa.

I° IMPASTO:
200 gr farina
3 gr lievito di birra
25 gr zucchero
30 gr burro
2 cucchiaini d'acqua
1 uovo

Aggiungere al lievitino il lievito di birra fuso nell'acqua, lo zucchero, la farina e l'uovo, mescolare e battere vigorosamente. Poi unire il burro a temperatura ambiente, e battere finché non sarà ben amalgamato. Coprire far lievitare fino al raddoppio, circa 45', in un luogo tiepido.

II° IMPASTO:
200 gr farina
100 gr zucchero
2 uova
1 cucchiaino di sale
i semini di una stecca di vaniglia (se non la avete 1 bustina di vanillina)
140 gr burro a temperatura ambiente per sfogliare

Unire al primo impasto, le uova, lo zucchero, la farina, il sale, la vaniglia e battere finché il tutto sarà ben amalgamato, 8-10'. Schiacciare l'impasto, ripiegarlo su se stesso, metterlo in una ciotola unta di burro, a far lievitare 60'-90', fino al raddoppio, coperto.
Trascorso questo tempo, mettere la ciotola in frigorifero per circa 30'-40'.
Rovesciare l'impasto sul tavolo, tirarlo con un mattarello formando un quadrato, distribuire al centro il burro in fiocchi, portare i 4 angoli al centro fissando la pasta e chiudendo il burro, spianare delicatamente in un rettangolo e piegare in 3.
Far riposare 15'-20'. Spianare ancora e ripiegare nuovamente in 3, e far riposare 15'-20'. Dare ancora una piega e far riposare altri 15'-20'. Tutti i riposi, sono da fare in frigorifero!
Dopo quest'ulteriore riposo formare una palla inserendo sotto i bordi, ruotando sul tavolo con le mani unte di burro.
Disponete in uno stampo a stella alto 20cm, da circa 3l, ben unto di burro, mettendo la parte arrotondata verso il fondo.
Coprite e fate lievitare finché la cupola non sarà uscita dal bordo. E' molto importante che ciò accada, anche se impiegherà alcune ore.
Nel mio caso ne sono occorse circa 12... E questo è il risultato!


Cuocete in forno a 170° per 15'. Poi proseguite la cottura a 160° per altri 15'.
Prima di togliere, fate la prova dello stecchino!
Sformate appena possibile e cospargete di zucchero vanigliato.

Il Pannocchio di Campobasso: dolce natalizio molisano


Perché un dolce molisano? La provincia di Campobasso (Cambuasce, in molisano) confina, a Sud, con quella di Benevento.
Storicamente, gran parte del territorio molisano, devastato dai Goti alla caduta dell’Impero Romano e annesso poi al Ducato longobardo di Benevento, si identifica con l'antico Sannio.

Il “Pannocchio”, a casa mia, s’è chiamato, per molti anni, “Lupacchiotto”(!) dal nome, familiarmente storpiato da me e dalla mia mitica Zzzia , compagna di mille avventure (e della quale ho già scritto qui) del suo più antico e famoso produttore, La Pasticceria Lupacchioli, di Campobasso, città natale del Pannocchio!

La prima volta che questo soffice e fragrante panettoncino dorato è comparso sulla nostra tavola di Natale, è stato, ormai molti anni fa, grazie ad una strenna natalizia ricevuta da zio Maurizio, da parte di un cliente molisano. Per me e mia zia, fu, da subito, amore al primo assaggio! D’anno in anno, aspettavamo con trepidazione, il momento, alla fine del pasto del giorno di Natale, per rinnovare la nostra adorazione e poi… avventarci sulla fetta più grande e cioccolatosa!

Solo di recente, e attraverso la ricerca di una sua ricetta affidabile, nel tentativo di riprodurlo fedelmente, ne ho scoperto il nome proprio: Pannocchio, appunto!
Ma che fatica! …Non è facile cercare la ricetta di qualcosa di cui conosci alla perfezione il sapore, la fragranza, la consistenza… ma non il suo nome!

Poi, il Natale scorso, in giro per Benevento, ne vedo uno simile al famoso "Lupacchiotto", che tanti Natali aveva allietato, ma non è della Pasticceria Lupacchioli…
E' "Alberti"... e sulla sontuosa confezione "giallo Strega", campeggia un adesivo rosso, come se fosse stato apposto successivamente, come per dimenticanza, che recita: “Il vero Pannocchio molisano!”
… E dillo prima, no???

Provate questa burrosissima versione natalizia, e se poi v'è piaciuta per il Natale, provate anche la sua versione light, più adatta ad accompagnare la colazione di tutti i giorni!


PANNOCCHIO MOLISANO – THE ORIGINAL
300 gr. farina “00”
150 gr. farina di mais, fioretto
300 gr. di zucchero
5 uova
300 gr. burro morbido
1 bustina lievito x dolci
1 pizzico di semi di vaniglia
1 bicchierino di liquore (rhum, Amaretto, o Strega, che è la mia ovvia scelta!)
200g di gocce di cioccolato extra fondente
1 pizzico di sale

Sbattete i tuorli con lo zucchero semolato, fino a quando non saranno schiariti.
Aggiungete le due farine setacciate insieme al lievito, i semi di vaniglia e ad un pizzico di sale, mescolando con un cucchiaio di legno.
A questo punto, aggiungete il burro ammorbidito (o sciolto al microonde), il bicchierino di liquore (Strega!) e le gocce di cioccolato fondente extra fondente.
Cuocete in forno statico a 150° per 45’.
Prima di sfornare, fate sempre la “prova dello stecchino”.


PANNOCCHIO - LIGHT VERSION
350g di farina bianca
150g di farina di mais (fioretto)
150g di zucchero semolato
100ml di olio d' oliva
3 uova
1 bicchierino di latte
1 bicchierino di rum (o Strega!)
1 bustina di lievito in polvere
1 cucchiaio di zucchero a velo
1 pizzico di sale


Separate i tuorli dagli albumi e metteteli in due ciotole differenti.
Sbattete i tuorli con lo zucchero semolato, fino a quando non saranno schiariti e poi, incorporate l’olio, continuando a montare.
Aggiungete le due farine setacciate insieme al lievito e ad un pizzico di sale, mescolando con un cucchiaio di legno.
Unite i liquidi: prima il latte e poi il rum (o lo Strega!) poco per volta, sino da ottenere un composto morbido, ma non liquido.
Montate gli albumi a neve ben ferma e amalgamateli all' impasto delicatamente.
Versare l' impasto in una tortiera imburrata e infarinata di 24cm di diametro o, meglio, in uno stampo da plumcake.
Cuocete nel forno a 180°per 50’ e comunque fate la “prova dello stecchino”.Spegnete il forno, aprite lo sportello, lasciate intiepidire.





Biscotti natalizi tirolesi: adesso è Natale!!!

Ho avuto il mio primo, abbondante assaggio di Natale! Lungo, faticoso, ma divertente e insolito! 
Il ponte dell’8 dicembre, mi ha portata, come già accadeva da ragazzina, sulle Dolomiti, in visita ai miei zii Cinzia e Marco, che quest’anno intraprendono una nuova, affascinante, coraggiosa  avventura !
In quella data, infatti, ha riaperto, dopo la pausa autunnale, il Natur Residence Hotel Dolomitenhof 
a Siusi allo Sciliar… sotto la nuova gestione appunto, dei temerari di cui sopra!!!

Non sarei mancata per niente al mondo! 

E non poteva mancare nemmeno la flotta di cugini e zii, cognati e fratelli, nipoti e pronipoti che sono accorsi, dal Nord e dal Sud, per partecipare all’inaugurazione di questa splendida struttura,.
…O forse, sarebbe il caso di dire solo, da Sud, poiché “si è sempre meridionali di qualcuno” (cfr.  “Così parlo Bellavista”), e quelli di noi che vivono più a Nord, sono comunque più a Sud di queste meravigliose montagne!
Chiassosa, “tanta”, calda, gioiosa, divertente… Questi gli aggettivi per descrivere tante famiglie che ne compongono una più grande, più chiassosa, più divertente, in altre parole… vera! 
Perché, quando la distanza impedisce la quotidianità del rapporto, ma, nonostante essa, restano immutati l’affetto, la stima, la simpatia e la voglia di godere di quel tempo, seppur poco, nel quale è concesso di stare insieme, basta uno sguardo, uno scambio, una battuta per raccontarsi e per riscoprirsi un’unica, grande” famiglia”.
Poco importa allora, cosa sei riuscito a dirti, o cosa avresti voluto condividere o fare, perché ciò che è veramente importante è che sai di far parte di quell’universo, sai che quelle persone ci sono e ci saranno sempre per te, e tanto basta…
Del resto non è questo, la famiglia?

Coccolatevi, e coccolate chi vi sta a cuore, con questi biscotti Tirolesi, tipici del Natale.
Io ne ho confezionati un po’ seguendo le ricette de "La Cucina nelle Dolomiti "di Annaliese Kompatscher
(regalatomi proprio da Zia Cinzia, quasi 10anni fa!) e li offrirò in dono per Natale ad alcuni cari amici… 
Qualcuno avrà veduto, in anticipo, il suo regalo di Natale, ma... pazienza!!!

SPITZBUBEN
(Mascalzoncelli)

500g di farina
350g di burro
180g di zucchero
3 tuorli piccoli
1 bustina di zucchero vanigliato
scorza di limone grattugiata
marmellata per farcire

Setacciare la farina sul piano di lavoro, fare un incavo e mettervi i tuorli, lo zucchero e lo zucchero vanigliato. Circondare di burro freddo a fiocchetti. Impastare quindi gli ingredienti velocemente fino ad ottenere una pasta ben liscia; avvolgerla in un foglio di alluminio e metterle in frigorifero per 1ora e mezzo. Lavorare quindi la pasta a porzioni. Stendere una sfoglia sul piano di lavoro, infarinato; ritagliare con gli appositi stampini un numero uguale di anelli e cerchietti dello stesso diametro; porli sulla teglia da forno. Cuocere per 10' a 180°. Lasciare raffreddare; spalmare i cerchietti con la marmellata, possibilmente rossa; coprire ogni cerchietto con un anello e cospargere il pasticcino così ottenuto con lo zucchero a velo.


VANILLEKIPFERL
(Cornetti alla Vaniglia)

280g di farina
210g di burro
70g di zucchero
100g di mandorle non pelate, macinate
3 cucchiai di zucchero
3 bustine di zucchero vanigliato

Setacciare la farina sul piano di lavoro, circondarla di pezzetti di burro freddo e battere con un coltello, finché la farina ed il burro non saranno ben amalgamati.
Aggiungere lo zucchero e le mandorle; impastare velocemente e con pazienza il tutto.
Lasciare riposare la pasta in frigorifero per 30', tagliarne quindi dei pezzettini, formare dei piccoli salametti, tagliarli a pezzi della lunghezza di circa 7cm e formare dei cornetti (io mi sono aiutata con una sacca a poche: è molto più semplice!).
Cuocere a forno moderato, lasciare raffreddare per non più di 2 minuti e rivoltarli quindi in un miscuglio di zucchero e zucchero vanigliato.

Tortelli di Zucca in Sfoglia al Cacao Amaro



Il regalo più bello? Una normale domenica speciale …
Trascorsa festeggiando, con leggero ritardo, il mio 33esimo compleanno, attorniata dall’affetto della mia famiglia, al gran completo!
In cucina, col prezioso aiuto di mio marito, ho preparato uno tra i miei piatti preferiti: un grande classico, innovato proprio con un’idea di mio marito… Ma non diteglielo, perché non se lo ricorda più!!!

In salotto, mio fratello e la sua splendida fidanzata, apparecchiano la tavola.
Poi il campanello: mamma e babbo! Tornano dalla passeggiata domenicale in centro, in tempo per l’aperitivo! E poi, tutti intorno alla tavola imbandita! A gustare insieme, i tortelloni di zucca, confezionati seguendo la ricetta di Alessandra Spisni , ma con l’aggiunta personale del cacao amaro nella sfoglia, che contrasta la naturale dolcezza del ripieno alla zucca.

Mio padre e mio fratello, dapprima storcono naso e bocca in segno di dissenso; poi, titubando, assaggiano, diffidenti, il primo tortellone dal color terra bruciata, turgido di morbido ripieno arancione; e poi - assaggia il primo assaggia il secondo-,  sempre scuotendo la testa, e commentando ogni boccone con l’espressione del volto,  spazzolano via tutti i tortelloni, ma – attenzione! - senza capire, fino alla fine del secondo piatto degli stessi… se gli siano piaciuti o meno!!!
E’ sempre la stessa storia!


Loro restano dubbiosi…
Quindi aspetto i vostri commenti, perché questa può essere anche un’ottima ricetta per il pranzo di Natale, che è alle porte!!!





TORTELLONI DI ZUCCA IN SFOGLIA AL CACAO AMARO
(Ricetta tratta e riadattata da “Le Ricette della Vecchia Scuola Bolognese” di Alessandra Spisni)

PER LA SFOGLIA:
5 uova
450g farina 00 Spadoni speciale per pasta fatta in casa
 50g di cacao amaro in polvere, setacciato e ben mescolato alla farina

PER IL RIPIENO:
1 kg di zucca (mantovana)
50 gr amaretti
100 gr parmigiano grattugiato
1 tuorlo d'uovo
sale, pepe qb
noce moscata qb

Per prima cosa bisogna preparare una sfoglia con le uova, la farina e il cacao, nelle proporzioni indicate e farla riposare in un sacchetto di plastica per alimenti, in luogo fresco e asciutto, per circa mezz’ora (in ogni caso, più riposa e meglio è!). 

Poi bisogna cuocere la zucca. Io l’ho cotta, in forno, seguendo le preziose indicazioni di Igles Corelli, Chef della "Locanda della Tamerice": l’ho , quindi, tagliata a spicchi, l’ho adagiata, dalla parte della scorza, su di una teglia cosparsa di sale grosso, avendo cura di non far toccare la polpa col sale, e l’ho infornata a 150° per 30’; l’ho privata della scorza e l’ho lasciata raffreddare. 
Una volta fredda, l’ho passata al setaccio, al fine di ottenere una polpa omogenea e piuttosto fine.
A questa, ho aggiunto gli amaretti tritati, il Parmiggiano Reggiano- 30 mesi, poco sale e pepe, una bella grattugiata di noce moscata e… un personale tocco di cannella in polvere! Ed  ecco pronto il ripieno!

Poi ho messo in pratica il mio attestato da sfoglina, rilasciato dalla “Vecchia Scuola Bolognese” lo scorso inverno e ho tirato la sfoglia! 
L’ho tagliata in quadrati regolari di 6x6cm ed ho confezionato i tortelli aiutandomi con una sacca a poche e munendomi di tanta pazienza!

Per conservarli più agevolmente in freezer ed evitare che si rompano, io li “sbianchisco”, cioè li tuffo per un paio di minuti nell’acqua bollente, poi li asciugo ben distesi su di un canovaccio pulito, e li ripongo in sacchetti per congelare.
Per cuocerli, li tuffo nuovamente nell’acqua bollente, senza scongelarli, e… quando si gonfiano, sono pronti per essere scolati e saltati delicatamente in padella con abbondante burro e profumatissima salvia…
Una bella grattugiata di Parmiggiano Reggiano e via in tavola fumanti!

Ciambella & Cagnina… “te lo do io il promemoria"!!!



Dalla Romagna, ”terra sincera, generosa e viva”... mi sono fatta un po’ adottare!
La Romagna mi ha accolta, sin da subito, come una figlia. O forse io mi sono sentita subito a casa.
Credo sia stato amore a prima vista, prima coi romagnoli e poi con la loro terra…
Ok, va bene … confesso e rettifico!
Prima col romagnolo,  quello che poi è diventato mio marito :-), e subito dopo - tempo 3 settimane di frequentazione, vista la sua insistenza! - con la sua terra!
E meno male che mi ero detta che questa volta ci sarei andata coi piedi di piombo; che sarei stata cauta; che non avrei corso, perché non c’era alcuna fretta… Già, infatti IO non avevo alcuna fretta!!! ;-P

Dai campi coltivati a frutta che ti accompagnano, ai lati della strada, verso la città di Ravenna, fino al profumo del mare, forse più intenso d’inverno che nella stagione estiva (quando, se trovi il coraggio d’immergerti, ti accorgi che, come dice il grande Giacobazzi, “è mare per… convenzione!!”), passando per le storiche vie del centro, tutto, in quella parte di Romagna, è bellezza, accoglienza e geniunità.

Come le tradizioni, le ricorrenze, le abitudini che si ripetono rassicuranti, ogni anno, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre è tempo di Cagnina! La Cagnina di Romagna è un vino dolce, di corpo, leggermente acidulo, dall’intenso colore violaceo, ottenuto per almeno l’85% da uve del vitigno “Refosco”, localmente denominato “Terrano”. Ed è un romagnolo DOC, dal momento che viene prodotto solo tra la provincia di Ravenna e quella di Forlì/Cesena!


Come molti vini rossi, dolci e leggeri, si accompagna molto bene alle castagne…
Ma si sposa :-)
 solo con la ciambella romagnola, che, sorprendentemente e seguendo il famoso detto “Non tutte le ciambelle riescono col buco”, non è dotata proprio di quest’ultimo!!!
La teoria della mia dolce metà, è che se la ciambella romagnola non avesse le sembianze che ha, non potrebbe servire all’uopo, e cioè non potrebbe essere comodamente intinta in questo rosso nettare…
Io ci credo… E voi???
Provare per credere!


CIAMBELLA ROMAGNOLA
Per 2 ciambelle (non lesinate, fate tutta la dose... va a ruba!)

500g farina “00”
200g zucchero semolato
200g burro
16g lievito chimico per dolci
3 uova
latte q.b.

Il procedimento della ciambella è in tutto e per tutto simile a quello utilizzato per la pasta frolla, che trovate sempre quicon la sola aggiunta di qualche cucchiaio di latte, che vi aiuterà a mantenere l’impasto più morbido e fluido;  e con l’accortezza, come consigliato dalle Sorelle Simili, di lavorarlo con la spatola e non con le mani. 
Quando tutti gli ingredienti saranno stati amalgamati, infatti, non avrete un panetto ma un composto piuttosto appiccicoso, che, proprio con la spatola, trasporterete su di una teglia forno, formando 2 filoni.
Spennellate i filoni con un po’ di latte, cospargeteli abbondantemente di granella di zucchero, e infornate, in forno preriscaldato a 175° per 25’/30’.
Sfornate, fate raffreddare e servite.

Il giorno successivo la sua preparazione sarà perfetta, e si conserverà così, purché a riparo da fonti di calore e umidità, per una settimana!


Ps. Manco a farlo apposta, proprio oggi esce l'ultimo album di Laura Pausini, romagnola DOC!!!

Il ragù “alla Genovese”: un piatto della domenica


Già, la domenica… La domenica è il giorno che, per elezione, è dedicato alle riunioni di famiglia.
E il pranzo della domenica, la vede tutta seduta intorno al tavolo del salotto, dopo una lunga settimana di lavoro, per i più grandi, e di studio per i più piccoli; si mangiano pietanze più elaborate, perché s’è avuto il tempo di prepararle, ma soprattutto perché si avrà il tempo, nel corso del pomeriggio, di digerirle!!!
Questa gran confusione festante di mamme e papà, figli e loro consorti, zie, zii, nipoti e nonni, a qualcuno sembrerà un incubo o una scena del film “Parenti Serpenti”, per me invece è una grande festa! Un po’ come se tutte le domeniche si festeggiasse il compleanno di qualcuno!

Il merito di ciò è sicuramente della mia mamma, che ha  cercato di fare d’ogni domenica, una festa, anche se tutte queste figure erano troppo lontane per parteciparvi!
Così le mie domeniche in famiglia, solo di rado e per coincidenza, erano così animate, ma io, la mia mamma e il mio babbo le trasformavamo in momenti di grande gioia, rubata alla frenesia della settimana!
La tovaglia fresca di bucato; la tavola ben apparecchiata e imbandita di cose buone; un immancabile dolcino (che nell’arco di poche ore era spazzolato!); e il pomeriggio trascorso a giocare a “Hotel”, “Cluedo” o a “Scarabeo” tutti e tre insieme (per la graaande gioia di mio padre, che,  vedendomi comparire sulla porta della cucina con lo scatolone, mal celava la sua insofferenza… ma poi si divertiva come un bambino!!!) facevano di una domenica qualunque, una giorno indimenticabile!

Ora che sono sposata e che anche la mia famiglia d’origine è lontana, il modo migliore per “festeggiare” la domenica, è organizzare il pranzo e la giornata insieme ad amici veri, quelli che si considerano “di famiglia”… 
… A qualcuno fischiano le orecchie???

Ma quando trascorriamo ancora una domenica in famiglia, e si uniscono a noi anche mia zia e mia cugina, è di nuovo festa! E mia mamma ci accoglie con piatti fondamentali della tradizione culinaria campana, come questo strepitoso ragù detto “alla Genovese”.

Nonostante il suo nome, il ragù alla genovese è un piatto tipicamente partenopeo.
 Molte le teorie sulle origini di questa ricetta e sul suo nome. La più accreditata è sicuramente quella che vede come protagonisti alcuni  cuochi genovesi che aprirono una taverna a Napoli alla Loggia di Genova, zona a ridosso del porto, dove la colonia genovese, di stanza a Napoli alla fine del 1400, si amministrava autonomamente. Altri ne danno i natali nel 1600 ad opera di un tale Chef Genovese.

RAGU' ALLA GENOVESE
Per 6 persone
500g di muscolo di vitello
500g di scamone
300g di punta di petto
1 cotenna di prosciutto crudo
2Kg di cipolle ramate
1 cuore di sedano
2 carote
100g d’olio evo
30g di strutto
1bottiglia di vino bianco
basilico, maggiorana, sale, pepe di mulinello
pecorino grattugiato

In una pentola, possibilmente di coccio, fate sciogliere lo strutto con l’olio e aggiungete la cotenna di prosciutto battuta e tagliata a listarelle.
Aggiungete la carne ridotta in spezzatino insieme a sedano e carote tritate, le cipolle tagliate a velo sottile e gli aromi e aggiustate di sale.
Coprite d’acqua e fate cuocere a fuoco basso, mescolando di tanto in tanto e controllando la cottura delle cipolle. Quando queste ultime saranno appassite, infatti, la carne comincerà a rosolare, e sarà il momento di aggiungere il vino bianco. Fate evaporare l’alcool. Proseguite la cottura per 2H circa.
trascorse le 2H, togliete la carne e continuate ancora la cottura per 1H, o fino a quando il ragù non risulterà denso e lucido e di un bel colore bruno, col quale condirete delle reginette cotte al dente e cosparse di pecorino grattugiato e pepe di mulinello.
La carne rappresenta un gustoso secondo piatto, come da consuetudine di molte specialità campane!

Nome in codice... "CICATIELLO"!!!


Cosa intendiamo, quando diciamo “Dalle mie parti”?
Che cosa rispondiamo quando ci chiedono  “Di dove sei?” ?
Alcuni, il luogo in cui vivono o il posto in cui sono nati; altri il posto da cui vengono,  quello nel quale affondano le origini della propria famiglia, ma che, sempre più spesso, non li ospita più. La maggior parte risponde alla domanda con una sineddoche- sì, con una sineddoche, certo, ve lo assicuro, lo fanno senza saperlo, ma lo fanno!- indicando genericamente la regione, o la nazione (nel caso degli stranieri):  il tutto per la parte la parte-una sineddoche appunto!-.
I più veraci sono quelli che pronunciano il nome del paesello sperduto che ha dato loro i natali, con orgoglio e fierezza,  anche se spesso il loro interlocutore non ne ha mai sentito parlare!
-Io? Io sono di Roccacannuccia!
E quanto s’arrabbiano, quando dici loro che non hai la più pallida idea di dove si trovi, il loro amato paesello!
Io, dal canto mio, ho ricominciato solo di recente, e su insistenza di mio marito, a rispondere con fierezza  “Di Benevento!”, alla fatidica domanda.
Col tempo,infatti, per evitare gli sguardi sbigottiti di coloro che mi ponevano la domanda,  avevo cominciato a rispondere genericamente con la sineddoche di cui sopra: “Campana…” 
Ma Benevento, non ha bisogno di tante presentazioni… non è mica Roccacannuccia!!!

Per tutti però, il significato è uno solo:  sentiamo di appartenere a quel luogo che ci ha regalato emozioni e sensazioni e che noi riconosciamo essere le  tessere del mosaico di cui ognuno di noi è composto.
Insomma, siamo di quel posto, pensando al quale, ci sentiamo a casa e… CASA è DOVE SI STA BENE.

A me, personalmente, è toccato in sorte di sentirmi a casa in molti posti… e in nessuno!
Forse perché i miei “posti delle emozioni e delle sensazioni” sono tanti, forse  troppi e tutti lontani tra loro! Sicuramente però, uno di questi  è la cucina della nonna Maria, a Benevento, dove, da bambina, col mio grembiulino giallo cucito su misura per me, ben assicurato alla vita, le mani impiastricciate di pasta e sbuffi di farina sul naso, è nata la mia passione per la cucina.

Sono tornata di recente nella mia città, in occasione della XXXII Edizione di “Benevento Città Spettacolo”, e, nonostante ormai la mia, sia una nonna tecnologica, ammaliata dalle magie del computer… il rito s’è rinnovato!


“CICATIELLI” (Cavatelli)
Per 6 Persone
600g di farina di grano duro
acqua q.b.
sale, 1 pizzico


Sulla spianatoia (familiarmente“tavolino di legno”)disponete la farina in una fontana e  impastatela con un po’ d'acqua, nella quale avrete sciolto un pizzico di sale.
Lavorate il tutto fino ad ottenere un impasto piuttosto sodo, ma liscio ed omogeneo.
A questo punto fatelo riposare, avvolto in una pellicola e al riparo da correnti d’aria ,che potrebbero seccarlo, per circa 30’.
Trascorsi i 30’, dividete l’impasto e formate con i pezzi ottenuti , dei bastoncini, arrotolandoli nelle mani ( cfr. gnocchi). Tagliate i bastoncini così ottenuti in pezzetti lunghi 3 o 4 cm, e , facendoli rotolare sul tagliere, cavateli con i polpastrelli di 3 dita, imprimendovi un certa forza. Fateli seccare un po’ prima di cuocerli in abbondante acqua bollente e salata. Scolateli e poi conditeli a piacere.

I Cicatielli si possono condire con qualsiasi sugo. In costiera Amalfitana da qualche tempo, si utilizzano anche per lo Scoglio! Ma con un sughetto di pomodori freschi, dell’orto di mio nonno Raffaele e tanto basilico… E’ LA MORTE SUA!

Muffins alla birra... ovvero una nuova vita!!!



…Più di due mesi senza accudire il mio blog?!?! Mamma mia, che blogger degenere che sono!
Non me ne sono accorta… “Come passa il tempo quando ci si diverte!”
Ho lavorato come e quanto non avevo mai fatto prima, e per il blog proprio non sono riuscita a ritagliarmi il tempo! Ma non ho mai pensato di abbandonarlo!
Sissì, capito bene… LAVORO!!! Quella cosa che “nobilita l’uomo”!!!
Eh…sissì, capito benissimo… MI SONO DIVERTITA!!!
Non sembra possibile vero??? Comprensibile la reazione di sbigottimento degli astanti… 

Non lo sembrava nemmeno a me, prima!
Prima di cominciare questa esperienza, fatta di nuove possibilità, di persone, di creatività, di manualità, anch’io faticavo a far convivere le parole LAVORO e DIVERTIMENTO nella stessa frase! Beh, diciamo che forse mi sarei accontentata anche solo, di un po’ di GRATIFICAZIONE.

C’è stato un momento, doloroso e difficile, in cui ho capito che non sarei riuscita a chiudermi nuovamente nelle quattro mura di un ufficio, preda di oscure dinamiche aziendali, vittima della noia di un lavoro che avevo sempre fatto, ma che, in quel modo, non mi aveva mai soddisfatto…
Nonostante ciò, quando il treno è passato, non è stato facile decidere di cambiare settore, lavoro, orari, organizzazione e vita e… prenderlo!
E’ così che ho imparato che, non è la nostra vita a prendere nuove strade, ma siamo noi che scegliamo il percorso, anche se sceglierenon è cosa facile. Ma… l’audacia paga!

E così ora lavoro qui:
“OGGI CUCINO IO. Catering ed Eventi Enogastronomici” .
Non so quanto durerà quest’avventura; non so se finirà, né quando; non so se mi ritroverò, in futuro, a dover nuovamente fare l’impiegata(perché poi, alla fin fine, bisogna lavorare e raggiungere i propri obbiettivi di vita) …per ora, col fondamentale appoggio di chi mi vuole bene, me la godo!
Questi sono i muffin da me confezionati, in occasione del catering per il 5° compleanno di un birrificio artigianale di Pederobba (TV):
32 VIA  DEI BIRRAI.
Ovviamente, alla birra!


MUFFINS ALLA BIRRA

250g di farina “00”
150g di burro
100g di cacao amaro
150g di zucchero
150g di birra chiara
2 uova grandi
1 pizzico di sale
1 bustina di lievito per dolci


Sciogliete il burro, in un pentolino, sul fornello. Una volta tiepido, mettete il burro in una planetaria insieme alle uova e azionarla alla minima potenza. Successivamente, aggiungere la birra.
A parte, in un recipiente di una certa capienza, riunite tutti gli ingredienti secchi: la farina setacciata col lievito, il pizzico di sale, il cacao amaro, e lo zucchero. Versate il tutto nel composto di uova, burro  e birra e fate amalgamare bene.Distribuite il composto negli stampini da muffin, riempiendoli per i ¾ della loro capienza, in forno lieviteranno raggiungendo e superando il bordo.
Infornate a 180° per circa 25 minuti, in forno già caldo.

Ps. Prometto d'impegnarmi, per il futuro, ad essere più presente e più varia...
Buone vacanze a tutti e a prestissimo!!!

Crostatine di patate e cioccolato


Il mio primo giorno di scuola è un ricordo po’sfocato. Più che un ricordo in realtà, un insieme di percezioni sensoriali …
Un atrio gigantesco, illuminato da una grande vetrata assolata.
Un vociare indistinto di bimbi, suoni disparati: risate, urla, pianti…
L’odore umido di gesso e cimosa.
Il sudore appiccicaticcio di una mano che cerca un’altra mano, nella ferma volontà di non lasciarla andare, per nessun motivo.
La gola secca per la paura, la salivazione azzerata dall’emozione della nuova avventura, tanto attesa.
In fondo al salone, sulla destra, si apre un corridoio sul quale si affacciano tante porticine…
Dentro quelle porticine, il mondo!
 Il mondo come te lo insegnerà la maestra.
Il mondo da esplorare con nuovi amici, simpatici e antipatici, ma comunque compagni di avventura!
 Molte volte ho rivissuto l’emozioni di quel giorno, perchè molti primi giorni di scuola si susseguiti e molti sono stati i compagni d’avventura…
Fino a capire che, se “gli esami non finiscono mai”, come diceva il grande Eduardo, è proprio perché infiniti sono nella vita, i primi giorni di scuola…
Lo scorso mercoledì è stato, per me, l’ennesimo primo giorno di scuola: il primo giorno in un nuovo posto di lavoro, il primo giorno di un lavoro nuovo…
E queste crostatine lo rappresentano un po’…
E poi… si possono mettere in cartella!!!

CROSTATINE DI PATATE E CIOCCOLATO

350g di pasta frolla
1 hg di patate
gr 80 burro
gr 100 zucchero
250 cl panna liquida
2 uova
1oo gr uva passa ammorbidita
gr 50 pinoli
gr 100 canditi
gr 100 gocce di cioccolato fondente

Lessate le patate e schiacciatele, ancora calde, con lo schiacciapatate. Amalgamate a queste, il burro e la panna. A parte, frullate i canditi con lo zucchero e aggiungetevi, sempre frullando, le uova. Unite i due composti e aggiungete i  pinoli, l’uvetta e le gocce di cioccolata. Imburrate ed infarinate una teglia di 26/28cm di diametro e rivestitela con la pasta frolla. Versate il composto sulla pasta frolla e infornate, in forno già caldo a 175°1h circa.


Torta di riso... traditional way!



E’ arrivata…
Per motivi che stento ancora a definire “professionali”, è arrivata la vendetta della torta di riso tradizionale! La scaramanzia mi impone ancora il silenzio stampa ma, dal momento che l'ho sperimentata, come promesso, storia e ricetta!!!

Di questo dolce si trova testimonianza, a Bologna, già dal XVI secolo, col nome di Torta degli Addobbi, poiché veniva preparata in occasione della festa religiosa parrocchiale bolognese degli Addobbi.
La Festa Degli Addobbi celebrava, e celebra tutt’oggi, il decennale eucaristico di ogni parrocchia della città di Bologna, che, per l’occasione, veniva appunto addobbata con drappi e coccarde. Durante la festa, si portava in processione l'immagine del Corpus Domini, accompagnato dalla banda e dai canti dei parrocchiani e le case,anch’esse addobbate a festa con drappi e fiori, erano aperte ai vicini, ai quali si offriva la torta di riso, o Torta degli Addobbi!



TORTA DI RISO BOLOGNESE:
(Depositata presso la Camera di Commercio dell'Accademia Italiana della Cucina di "Bologna dei Bentivoglio" il 14 dicembre 2005)

Ingredienti:

1 litro di latte
200 g di riso
200 g di zucchero caramellato (io ho usato il semolato)
100 g di zucchero vanigliato
3 tuorli d'uovo
3 uova intere
100 g di mandorle pelate
100 g di cedro candito
un bicchierino di liquore mandorla amara (Amaretto di Saronno)
cannella
chiodi di garofano
buccia grattata di un limone
pizzico di sale
facoltativo: 4-6 amaretti (io non li ho messi)

Far bollire il latte, aggiungere il riso, la scorza grattata di limone, il pizzico di sale, lo zucchero vanigliato. Far cuocere il riso facendo assorbire quasi completamente il latte. Far raffreddare in una terrina il riso per far assorbire il latte rimasto dalla cottura. Nel frattempo sbattere le uova con lo zucchero caramellato, incorporate le mandorle tritate, il cedro candito tagliato a dadini (io l’ho tritato insieme allo zucchero semolato) (per chi usa gli amaretti aggiungerli frantumati finemente); amalgamare il tutto con il liquore di mandorle amare. Mettere tutto in uno stampo imburrato e spolverato con pan grattato; l'impasto deve essere di 3-4 cm. Cuocere in forno scaldato a 180° per 20 minuti, poi abbassare a 150° e cuocere per altri 40-45 minuti. Come si forma una crosticina bionda e croccante togliere dal forno, lasciare intiepidire e bagnare con liquore dopo aver fatto dei forellini con uno stecchino. Togliere dalla teglia, tagliare la torta rigorosamente a losanghe e servirla!

Pane ai semi di lino


Mi piace fare la spesa: è una delle mie passioni! No, non faccio dell’ironia, mi piace proprio!
C’è chi corre a comprarsi un paio di scarpe o un indumento; chi si tuffa di testa in un bombolone alla crema; chi va dal parrucchiere o dall’estetista…
Io, quando la vita non mi sorride, vado a fare la spesa!
Mi aggiro tra gli scaffali, spingendo il mio carrello, lista della spesa alla mano, progettando  la prossima impresa culinaria, e pian piano la tensione si allenta, la muscolatura si rilassa e i lineamenti del viso tornano a distendersi. E’ il mio antistress!

A  volte, un prodotto ammicca nella mia direzione, dalla scansia; a volte invece, vago alla ricerca dell’ingrediente principale per realizzare una specifica ricetta; altre volte infine, mi capita di acquistare un alimento solo ed esclusivamente perché ne conosco proprietà e virtù, ma senza sapere bene cosa farne, come cucinarlo o in che ricetta inserirlo…
E’ in questo modo che i semi di lino sono entrati, la prima volta, nel mio carrello della spesa!

I semi di lino sono un vero e proprio concentrato di
sali minerali, proteine, lipidi, acido linoleico, fibre e lignani che hanno importanti proprietà antiossidanti.
In una piccola quantità di semi inoltre, è contenuta una grande quantità di Omega3, conosciuti come grassi "buoni.
Alcune ricerche parrebbero dimostrare come, il consumo dei semi di lino, possa ridurre il rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore, come quello del seno, della prostata e del colon, proprio grazie all’azione di questi acidi grassi che sarebbero in grado di inibire la formazione dei cellule tumorali negli organi appena citati.
Possiedono inoltre proprietà antinfiammatorie, se usati in impacchi e cataplasmi; contribuiscono alla formazione della corteccia cerebrale del feto, se assunti in gravidanza; proteggono l'apparato cardiovascolare, stabilizzando il battito cardiaco, e riescono a ridurre così, il rischio di infarto…
Si vabbè, ma come si mangiano???
Sfogliando “La cucina nelle Dolomiti” di Anneliese Kompatscher, (che, qaulche anno fa, mi ha regalato mia zia, che nelle Dolomiti ci vive!) ho trovato la ricetta di questo pane tradizionale, buonissimo sia per una colazione, spalmato di miele, sia per accompagnare del fantastico speck Alto-Atesino!
Provare per credere!

PANE AI SEMI DI LINO

Ingredienti:
400g di farina “0”
400g di farina di segale
200g di farina integrale
100g di semi di lino (messi a mollo nell’acqua per 3h)
30g di lievito naturale
1cucchiaino di zucchero
poco latte
3cucchiaini di sale
3cucchiaini di semi di finocchio o cumino
¾ di litro d’acqua tiepida
Unite le farine in una terrina, mescolate e fate un incavo nel mezzo: in questo incavo preparate un composto di lievito, zucchero e poco latte tiepido. Lasciate lievitare per 15’circa, al caldo.
Lavorate quindi tutti gli ingredienti rimasti con questo composto, fino ad ottenere una pasta di media consistenza.
Lasciate lievitare in un luogo per ¾ d’ora; lavorate brevemente la pasta e formate ora due pani di forma oblunga. Bucare i due filoni con una forchetta e lasciateli lievitare per un altro ¼ d’ora.
Spennellate la superficie dei pani con acqua tiepida e cuocete in forno preriscaldato a 200° per 45’.

...ma come si fa la pasta frolla?


Non esiste "LA" ricetta della pasta frolla, ma sono tante e diverse. 
Gli ingredienti però, sono sempre gli stessi: farina, zucchero, burro e uova.
Ciò che cambia sono le proporzioni tra di essi e, in particolare, la percentuale di burro in relazione alla farina.
Ognuno ha una sua ricetta per una pasta frolla, alla quale resta fedele! O a volte se ne utilizza una ricetta diversa a seconda delle preparazioni: una pasta frolla per biscotti sarà diversa da quella per crostate o per torte farcite...
Allora di seguito, non voglio darvi l'ennesima ricetta per la pasta frolla, ma mostrarvi come procedo io, per la sua preparazione!


Su di un tagliere, disponete il burro freddo, tagliato a cubetti, e lavoratelo con la mano destra, fino ad renderlo morbido e malleabile.
Con la mano sinistra aggiungete lo zucchero, tutto in una volta, sul burro, e, continuando a lavorarlo, sempre con la mano destra, amalgamate insieme i due ingredienti.
Quando lo zucchero sarà omogeneamente distribuito nel burro, spalmate un po’ sul tagliere e aggiungete le uova, che incorporerete, utilizzando solo i polpastrelli, sempre della sola mano destra, e tenendo sempre la sinistra pulita, con un movimento circolare antiorario. Quando il magma che avrete ottenuto sarà omogeneo, gettate la farina su di esso, tutta in una volta. Incorporate la farina, con un movimento circolare, dal basso verso l’alto.
A questo punto, potrete usare entrambe le mani per la lavorare la pasta, ammassandola e utilizzando di preferenza i polpastrelli delle dita piuttosto che i palmi delle mani, per evitare di scaldare troppo l’impasto.
Quando tutta la farina sarà assorbita e avrete ottenuta una palla, rivestitela di pellicola trasparente e fatela riposare in frigorifero per 30’, prima di utilizzarla per la vostra preparazione.

Tutto chiaro???

La Pastiera: cibo degli Dei!


Nel mio Sud,  la Pasqua non arriva mai silente, ma la precede il suo profumo.
In ogni strada, in ogni vicolo, in ogni androne di palazzo, per ogni tromba di scale si diffonde un profumo intenso e aromatico, un profumo inconfondibile, misto di fiori d’arancio e cannella!
E’ tempo di Pastiera!
Dietro ogni porta c’è una nonna, una mamma, una donna che, con amore e passione per la tradizione, segue la sua personalissima ricetta, tramandata di generazione in generazione, convinta di riprodurre, di anno in anno, il miracolo di una nuova ambrosia.
Secondo la leggenda, infatti, la pastiera sarebbe davvero cibo degli Dei…
La bella sirena Partènope, colpita dal suggestivo paesaggio del golfo, che si estende tra il Vesuvio e Posillipo (secondo altre fonti invece, in fuga dopo essere stata rifiutata da Ulisse del quale s’era invaghita), ivi stabilì la Sua dimora.
Ogni primavera, Partènope era solita riemergere dalle acque, presso la riva dell’isolotto di Meganide, e offrire al popolo lo spettacolo del suo melodioso canto. Un anno, che la sua melodia più del solito era entrata nel cuore degli abitanti, quest’ultimi, per renderle omaggio, le portarono in dono i frutti del loro sudore.
La farina, forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori; le uova, simbolo della vita; il grano tenero, bollito nel latte, unione dei due regni della natura; l'acqua di fiori d'arancio e le spezie, omaggio dai profumi della terra; ed infine lo zucchero, dolce come il canto stesso della sirena.
La sirena ascese in cielo e depositò i doni ai piedi degli Dei, che lieti dell’offerta, mescolando insieme gli ingredienti, prepararono la prima pastiera.
Oggi, come un tempo, in ogni forno se ne cuoce, lentamente, con pazienza, più d’una... Ognuno la prepara per la propria tavola, e “per regalare”!
Per la dirimpettaia; per la “commara” o il “compare”; per l’amica di sempre; per una suggellare una nuova amicizia; per una zia; per una persona anziana “che non la fa più”…
La Pastiera si regala… e si riceve!!! In realtà, alla fine, ci se la scambia, magari sul pianerottolo di casa!!!
E anche io, seppur distante chilometri da quella terra generosa, ma vicina per cultura e tradizione, non manco di rinnovare questo generoso rito culinario.
Nella mia famiglia, quando, al termine del pranzo pasquale, arrivano in tavola, nell’ordine, la pastiera di Nonna Maria, quella di Zia Cinzia e quella della mia Mamma, s’ingaggia una vera e propria gara!!! Tutti vogliono assaggiarle tutte, dare il proprio giudizio!
Il risultato??? Alla fine, ognuno preferisce la pastiera della “Sua Signora”, ma tutti hanno la pancia piena!!!
NB. Detto tra noi, quella della mia mamma, è sempre la migliore!!!

 PASTIERA NAPOLETANA
Ingredienti:
PER LA PASTA FROLLA:
500g farina
200g burro
200g zucchero
3 uova
PER LA FARCIA:
400g grano tenero cotto
100g latte
30g burro
buccia di limone
700g di ricotta di mucca
500g di zucchero
5 uova
2 tuorli
buccia di limone grattugiata
1pizzico di vaniglia Bourbon
fialetta d’aroma di fiori d’arancio
1cuchiaino di cannella
½ bicchierino di liquore Strega
Preparate una pasta frolla, ma provate a farla come la faccio io!
Su di un tagliere, disponete il burro freddo, tagliato a cubetti, e lavoratelo con la mano destra, fino ad renderlo morbido e malleabile.

Con la mano sinistra aggiungete lo zucchero, tutto in una volta, sul burro, e, continuando a lavorarlo, sempre con la mano destra, amalgamate insieme i due ingredienti.
Quando lo zucchero sarà omogeneamente distribuito nel burro, spalmate un po’ sul tagliere e aggiungete le uova, che incorporerete, utilizzando solo i polpastrelli, sempre della sola mano destra, e tenendo sempre la sinistra pulita, con un movimento circolare antiorario. Quando il magma che avrete ottenuto sarà omogeneo, gettate la farina su di esso, tutta in una volta. Incorporate la farina, con un movimento circolare, dal basso verso l’alto.
A questo punto, potrete usare entrambe le mani per la lavorazione, ammassando la pasta e utilizzando, di preferenza, i polpastrelli delle dita piuttosto che i palmi delle mani, questo per evitare di scaldare troppo l’impasto.
Quando tutta la farina sarà assorbita e avrete ottenuto una palla, rivestitela di pellicola e fatela riposare in frigorifero per 30’.
Nel frattempo prepariamo la farcia!
Versate il barattolo di grano cotto in una pentola, con il latte, il burro e la scorza di limone in grandi pezzi. Ponete la pentola sul fuoco per circa 10’ e fate asciugare il latte mescolando, fino a che non abbiate ottenuto una crema. Fatela raffreddare.
A parte, in recipiente, frullate la ricotta con lo zucchero, fino ad ottenere un composto piuttosto liscio e sottile. Aggiungete le 5uova e i 2tuorli, la buccia di limone grattugiata e tutti gli aromi.
Unite il grano a questo composto, dopo aver eliminato la buccia di limone.
Stendete la pasta frolla e foderate con essa uno stampo in alluminio per pastiera di 32cm di diametro, circa.
Versate il composto di ricotta e grano nello stampo e decorate la superfiche con (poche) strisce di pasta frolla.
Infornate a 180° per circa 1h o finché la pastiera non avrà assunto un colore ambrato.
Spegnete il forno e lasciate raffreddare all’interno (operazione impossibile, se avete alte 3 o 4 pastiere da cuocere!!!).
La pastiera non si mangia calda (come fa quell’ingordo di mio marito!), ma si consuma dopo averla fatta riposare almeno un paio di giorni in luogo fresco e asciutto.