Ciambella & Cagnina… “te lo do io il promemoria"!!!



Dalla Romagna, ”terra sincera, generosa e viva”... mi sono fatta un po’ adottare!
La Romagna mi ha accolta, sin da subito, come una figlia. O forse io mi sono sentita subito a casa.
Credo sia stato amore a prima vista, prima coi romagnoli e poi con la loro terra…
Ok, va bene … confesso e rettifico!
Prima col romagnolo,  quello che poi è diventato mio marito :-), e subito dopo - tempo 3 settimane di frequentazione, vista la sua insistenza! - con la sua terra!
E meno male che mi ero detta che questa volta ci sarei andata coi piedi di piombo; che sarei stata cauta; che non avrei corso, perché non c’era alcuna fretta… Già, infatti IO non avevo alcuna fretta!!! ;-P

Dai campi coltivati a frutta che ti accompagnano, ai lati della strada, verso la città di Ravenna, fino al profumo del mare, forse più intenso d’inverno che nella stagione estiva (quando, se trovi il coraggio d’immergerti, ti accorgi che, come dice il grande Giacobazzi, “è mare per… convenzione!!”), passando per le storiche vie del centro, tutto, in quella parte di Romagna, è bellezza, accoglienza e geniunità.

Come le tradizioni, le ricorrenze, le abitudini che si ripetono rassicuranti, ogni anno, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre è tempo di Cagnina! La Cagnina di Romagna è un vino dolce, di corpo, leggermente acidulo, dall’intenso colore violaceo, ottenuto per almeno l’85% da uve del vitigno “Refosco”, localmente denominato “Terrano”. Ed è un romagnolo DOC, dal momento che viene prodotto solo tra la provincia di Ravenna e quella di Forlì/Cesena!


Come molti vini rossi, dolci e leggeri, si accompagna molto bene alle castagne…
Ma si sposa :-)
 solo con la ciambella romagnola, che, sorprendentemente e seguendo il famoso detto “Non tutte le ciambelle riescono col buco”, non è dotata proprio di quest’ultimo!!!
La teoria della mia dolce metà, è che se la ciambella romagnola non avesse le sembianze che ha, non potrebbe servire all’uopo, e cioè non potrebbe essere comodamente intinta in questo rosso nettare…
Io ci credo… E voi???
Provare per credere!


CIAMBELLA ROMAGNOLA
Per 2 ciambelle (non lesinate, fate tutta la dose... va a ruba!)

500g farina “00”
200g zucchero semolato
200g burro
16g lievito chimico per dolci
3 uova
latte q.b.

Il procedimento della ciambella è in tutto e per tutto simile a quello utilizzato per la pasta frolla, che trovate sempre quicon la sola aggiunta di qualche cucchiaio di latte, che vi aiuterà a mantenere l’impasto più morbido e fluido;  e con l’accortezza, come consigliato dalle Sorelle Simili, di lavorarlo con la spatola e non con le mani. 
Quando tutti gli ingredienti saranno stati amalgamati, infatti, non avrete un panetto ma un composto piuttosto appiccicoso, che, proprio con la spatola, trasporterete su di una teglia forno, formando 2 filoni.
Spennellate i filoni con un po’ di latte, cospargeteli abbondantemente di granella di zucchero, e infornate, in forno preriscaldato a 175° per 25’/30’.
Sfornate, fate raffreddare e servite.

Il giorno successivo la sua preparazione sarà perfetta, e si conserverà così, purché a riparo da fonti di calore e umidità, per una settimana!


Ps. Manco a farlo apposta, proprio oggi esce l'ultimo album di Laura Pausini, romagnola DOC!!!

Il ragù “alla Genovese”: un piatto della domenica


Già, la domenica… La domenica è il giorno che, per elezione, è dedicato alle riunioni di famiglia.
E il pranzo della domenica, la vede tutta seduta intorno al tavolo del salotto, dopo una lunga settimana di lavoro, per i più grandi, e di studio per i più piccoli; si mangiano pietanze più elaborate, perché s’è avuto il tempo di prepararle, ma soprattutto perché si avrà il tempo, nel corso del pomeriggio, di digerirle!!!
Questa gran confusione festante di mamme e papà, figli e loro consorti, zie, zii, nipoti e nonni, a qualcuno sembrerà un incubo o una scena del film “Parenti Serpenti”, per me invece è una grande festa! Un po’ come se tutte le domeniche si festeggiasse il compleanno di qualcuno!

Il merito di ciò è sicuramente della mia mamma, che ha  cercato di fare d’ogni domenica, una festa, anche se tutte queste figure erano troppo lontane per parteciparvi!
Così le mie domeniche in famiglia, solo di rado e per coincidenza, erano così animate, ma io, la mia mamma e il mio babbo le trasformavamo in momenti di grande gioia, rubata alla frenesia della settimana!
La tovaglia fresca di bucato; la tavola ben apparecchiata e imbandita di cose buone; un immancabile dolcino (che nell’arco di poche ore era spazzolato!); e il pomeriggio trascorso a giocare a “Hotel”, “Cluedo” o a “Scarabeo” tutti e tre insieme (per la graaande gioia di mio padre, che,  vedendomi comparire sulla porta della cucina con lo scatolone, mal celava la sua insofferenza… ma poi si divertiva come un bambino!!!) facevano di una domenica qualunque, una giorno indimenticabile!

Ora che sono sposata e che anche la mia famiglia d’origine è lontana, il modo migliore per “festeggiare” la domenica, è organizzare il pranzo e la giornata insieme ad amici veri, quelli che si considerano “di famiglia”… 
… A qualcuno fischiano le orecchie???

Ma quando trascorriamo ancora una domenica in famiglia, e si uniscono a noi anche mia zia e mia cugina, è di nuovo festa! E mia mamma ci accoglie con piatti fondamentali della tradizione culinaria campana, come questo strepitoso ragù detto “alla Genovese”.

Nonostante il suo nome, il ragù alla genovese è un piatto tipicamente partenopeo.
 Molte le teorie sulle origini di questa ricetta e sul suo nome. La più accreditata è sicuramente quella che vede come protagonisti alcuni  cuochi genovesi che aprirono una taverna a Napoli alla Loggia di Genova, zona a ridosso del porto, dove la colonia genovese, di stanza a Napoli alla fine del 1400, si amministrava autonomamente. Altri ne danno i natali nel 1600 ad opera di un tale Chef Genovese.

RAGU' ALLA GENOVESE
Per 6 persone
500g di muscolo di vitello
500g di scamone
300g di punta di petto
1 cotenna di prosciutto crudo
2Kg di cipolle ramate
1 cuore di sedano
2 carote
100g d’olio evo
30g di strutto
1bottiglia di vino bianco
basilico, maggiorana, sale, pepe di mulinello
pecorino grattugiato

In una pentola, possibilmente di coccio, fate sciogliere lo strutto con l’olio e aggiungete la cotenna di prosciutto battuta e tagliata a listarelle.
Aggiungete la carne ridotta in spezzatino insieme a sedano e carote tritate, le cipolle tagliate a velo sottile e gli aromi e aggiustate di sale.
Coprite d’acqua e fate cuocere a fuoco basso, mescolando di tanto in tanto e controllando la cottura delle cipolle. Quando queste ultime saranno appassite, infatti, la carne comincerà a rosolare, e sarà il momento di aggiungere il vino bianco. Fate evaporare l’alcool. Proseguite la cottura per 2H circa.
trascorse le 2H, togliete la carne e continuate ancora la cottura per 1H, o fino a quando il ragù non risulterà denso e lucido e di un bel colore bruno, col quale condirete delle reginette cotte al dente e cosparse di pecorino grattugiato e pepe di mulinello.
La carne rappresenta un gustoso secondo piatto, come da consuetudine di molte specialità campane!

Nome in codice... "CICATIELLO"!!!


Cosa intendiamo, quando diciamo “Dalle mie parti”?
Che cosa rispondiamo quando ci chiedono  “Di dove sei?” ?
Alcuni, il luogo in cui vivono o il posto in cui sono nati; altri il posto da cui vengono,  quello nel quale affondano le origini della propria famiglia, ma che, sempre più spesso, non li ospita più. La maggior parte risponde alla domanda con una sineddoche- sì, con una sineddoche, certo, ve lo assicuro, lo fanno senza saperlo, ma lo fanno!- indicando genericamente la regione, o la nazione (nel caso degli stranieri):  il tutto per la parte la parte-una sineddoche appunto!-.
I più veraci sono quelli che pronunciano il nome del paesello sperduto che ha dato loro i natali, con orgoglio e fierezza,  anche se spesso il loro interlocutore non ne ha mai sentito parlare!
-Io? Io sono di Roccacannuccia!
E quanto s’arrabbiano, quando dici loro che non hai la più pallida idea di dove si trovi, il loro amato paesello!
Io, dal canto mio, ho ricominciato solo di recente, e su insistenza di mio marito, a rispondere con fierezza  “Di Benevento!”, alla fatidica domanda.
Col tempo,infatti, per evitare gli sguardi sbigottiti di coloro che mi ponevano la domanda,  avevo cominciato a rispondere genericamente con la sineddoche di cui sopra: “Campana…” 
Ma Benevento, non ha bisogno di tante presentazioni… non è mica Roccacannuccia!!!

Per tutti però, il significato è uno solo:  sentiamo di appartenere a quel luogo che ci ha regalato emozioni e sensazioni e che noi riconosciamo essere le  tessere del mosaico di cui ognuno di noi è composto.
Insomma, siamo di quel posto, pensando al quale, ci sentiamo a casa e… CASA è DOVE SI STA BENE.

A me, personalmente, è toccato in sorte di sentirmi a casa in molti posti… e in nessuno!
Forse perché i miei “posti delle emozioni e delle sensazioni” sono tanti, forse  troppi e tutti lontani tra loro! Sicuramente però, uno di questi  è la cucina della nonna Maria, a Benevento, dove, da bambina, col mio grembiulino giallo cucito su misura per me, ben assicurato alla vita, le mani impiastricciate di pasta e sbuffi di farina sul naso, è nata la mia passione per la cucina.

Sono tornata di recente nella mia città, in occasione della XXXII Edizione di “Benevento Città Spettacolo”, e, nonostante ormai la mia, sia una nonna tecnologica, ammaliata dalle magie del computer… il rito s’è rinnovato!


“CICATIELLI” (Cavatelli)
Per 6 Persone
600g di farina di grano duro
acqua q.b.
sale, 1 pizzico


Sulla spianatoia (familiarmente“tavolino di legno”)disponete la farina in una fontana e  impastatela con un po’ d'acqua, nella quale avrete sciolto un pizzico di sale.
Lavorate il tutto fino ad ottenere un impasto piuttosto sodo, ma liscio ed omogeneo.
A questo punto fatelo riposare, avvolto in una pellicola e al riparo da correnti d’aria ,che potrebbero seccarlo, per circa 30’.
Trascorsi i 30’, dividete l’impasto e formate con i pezzi ottenuti , dei bastoncini, arrotolandoli nelle mani ( cfr. gnocchi). Tagliate i bastoncini così ottenuti in pezzetti lunghi 3 o 4 cm, e , facendoli rotolare sul tagliere, cavateli con i polpastrelli di 3 dita, imprimendovi un certa forza. Fateli seccare un po’ prima di cuocerli in abbondante acqua bollente e salata. Scolateli e poi conditeli a piacere.

I Cicatielli si possono condire con qualsiasi sugo. In costiera Amalfitana da qualche tempo, si utilizzano anche per lo Scoglio! Ma con un sughetto di pomodori freschi, dell’orto di mio nonno Raffaele e tanto basilico… E’ LA MORTE SUA!