La Crescente bolognese e il "crescentone"!


Bazzico Bologna sin da bambina, quando mia mamma mi stritolava la manina perché, troppo curiosa, non le scappassi dalla presa, passeggiando per le vie affollate del centro; o forse, perché spaventata dal pensiero che qualcuno potesse, approfittando di quel caos, strapparmi da lei e portarmi via.

L’avrò calpestato mille volte: c’ho assistito alla proiezione di decine di film per sfuggire alla calura estiva, che anche a tarda sera in queste zone non molla la presa; ho partecipato al concerto di Hüsnü Şenlendirici, musicista contemporaneo turco; un carissimo amico poi, mi ci ha portato a mangiare un gelato una notte di tantissimi anni fa, nel disperato tentativo di curare le mie pene d’amore…

Sto parlando del “crescentone”, la piattaforma pedonale che campeggia al centro di Piazza Maggiore, rialzata rispetto alla pavimentazione della piazza stessa, stesa all’ombra della facciata incompiuta della Chiesa di San Petronio. Esso rappresenta un po’ la memoria storica di tutti i bolognesi DOC e anche di quelli acquisiti!

Qui, infatti, dal 1400 in avanti, si svolgeva il mercato cittadino; e sempre qui, il 21 Aprile del 1945, giorno in cui Bologna fu liberata dai nazi-fascisti, arrivarono i carri armati americani. Di questo ultimo evento il “cescentone” conserva una ferita sul lato est, una scalfitura prodotta dal carro armato, alla quale i bolognesi sono tutti ormai un po’ affezionati, per ciò che rappresenta.

Il suo nome, ovviamente, è un omaggio, con una amichevole metafora gastronomica, alla celeberrima e gustosissima crescente bolognese, una focaccia bruna e fragrante in superficie, morbida e burrosa nel suo impasto punteggiato di frammenti di pancetta e ciccioli, che tagliata in tipiche losanghe romboidali, farcita con Mortadella Bologna DOP e accompagnata da un bicchiere di vino rosso… è la morte sua!!!

La migliore a Bologna si acquista da Tamburini insieme alla mortadella, ma rigorosamente dopo aver trascorso una mattina di shopping nei negozietti del Quadrilatero via Farini/ via Rizzoli/ via Castiglione/ Pavaglione, in zona mercato vecchio. Poi via di corsa all’Osteria del Soleun posto d’altri tempi dove, consumando un bicchiere di vino, ci si può accomodare ad un tavolaccio sgangherato per gustare le leccornie appena acquistate! Proprio così!

Attorno a voi troverete le comitive più disparate: gruppi di amici, famiglie intere, studenti, bologhesi DOC, gruppi di turisti spagnoli! C’è chi acquista i prodotti delle ottime gastronomie dei dintorno e poi mangia aprendo sul tavolo la “carta di formaggio”(!); chi si attrezza con tovaglia di stoffa e stoviglie usa e getta; e chi estrae dalla borsa termica la lasagna della nonna!!! Il tutto condito dalla cordialità dei gestori e dalla goliardia tipica bolognese.

Io la crescente la adoro, perfetta com’è per uno spuntino o un aperitivo informale tra amici.
La ricetta che ho usato per questa mia è quella tratta da “Pane e Roba dolce”delle S.lle Simili, non è come quella di Tamburini, ma vi assicuro che è un ottimo surrogato, a giudicare dalle poche briciole avanzate!!! 

CRESCENTE AL PROSCIUTTO O ALLA PANCETTA

Ricetta tratta da " Pane e Roba Dolce" delle S.lle Simili
Ingredienti:
500g di farina “0”
250g di acqua
25g di lievito di birra
150g di prosciutto crudo o di pancetta, tritati grossolanamente
50g di strutto
8g di sale
1cucchiaino raso di zucchero

Fare la fontana, amalgamare al centro tutti gli ingredienti ed impastare velocemente senza battere, formare una palla, coprire a cupola per 50’-60’ e lasciare lievitare.
Stendere l’impasto con il mattarello senza lavorarlo, formando un ovale di circa 1.5cm di spessore. Disporlo su di una teglia, pizzicarlo tutto intorno, tracciare delle losanghe sulla superficie con una lametta, spennellarlo con un uovo sbattuto e lasciare lievitare per altri 50’, o fino a quando il volume non sarà raddoppiato. Più lievita e più sarà soffice.
Quando è pronta per essere infornata, le parti pizzicate si arrotondano e le losanghe si aprono leggermente.
Cuocete in forno preriscaldato a 200°-210° per 40’-45’.

La ricetta del Ragù Napoletano e della sua Magia



La luce fioca del lampadario dell’angolo cottura di un grande ambiente adibito  a salotto, illumina il tavolo. Su di esso, china, una ragazza affetta cipolle... tante cipolle… Forse è il suo sorriso che spande quella luce.
Dietro di lei, di spalle, un giovane uomo, rimesta in un pentolone di coccio marrone, con un lungo, usurato cucchiaio di legno.
Scherzano tra loro, si stuzzicano, si prendono in giro amorevolmente, ridendo di gusto.
E’ sabato sera, e quella giovane coppia d’innamorati prepara, per il tradizionale pranzo della domenica, un piatto che abbia il potere di dissolvere per qualche ora la fitta trama del mantello di nebbia che protegge il paesaggio, avvolgendo già il balconcino fuori dalla porta finestra, sul lato opposto del grande salone.
Nella stesso ambiente, sotto l’affettuoso sguardo dei due, una bambina paffutella gioca ad imitarli, riempiendo e svuotando le pentoline di plastica che le ha portato Babbo Natale. Di tanto in tanto, sbircia divertita quella libera interpretazione dei gesti metodici che ha già visto compiere nelle cucine delle sue nonne.
Quel pentolone starà sul fuoco tutta la serata, riposerà durante la notte, per poi riprendere il suo borbottio in mattinata, fino all’ora del pranzo...

Passano gli anni, e quella bambina, che ormai è diventata una ragazza, non trascorre più i suoi sabati sera con mamma e papà, ma il profumo acre della cipolla, quello avvolgente della carne e quello dolce della passata di pomodoro, nel loro concerto di aromi, diventano la colonna sonora olfattiva del risveglio della domenica.
Per non parlare dell'esplosione, che provoca sul palato la fetta di pane condita con una generosa cucchiaiata di caldo ragù fumante, che la mamma le porge per la colazione!

Adesso, quando il ragù che “pippea” è quello della mia cucina, e la fragranza si diffonde nella mia casa, mi sembra di recuperare la magia di quei momenti, l'incantesimo di quei ricordi.

La ricetta della mia famiglia è quella tratta da “Frijenno&Magnanno” , vera poesia della cucina. E mi piace trascriverla così come è… tranne che per gli ingredienti per i quali preferisco dare qualche indicazione più precisa.

Nel rispetto della tradizione, ho usato il sugo per condire dei paccheri (o"schiaffoni" così chiamati per il caratteristico rumore che fanno quando quando vengono impiattati!), ma poi li ho ripassati in forno con mozzarella e parmigiano reggiano, nella più classica ma gustosa pasta al forno. Quindi il mio ragù ha cotto “solo” 4 ore!


RAGU’ di DON VITTORIO
Ingredienti :
Olio , burro, [lardo, sugna,] cipolle (3 grosse, napoletane),
carne (500g di spuntature di maiale) alla chianchiere (cfr. macellaio, quindi, per estensione “ a punta di coltello”), 2l di passata di pomodoro, concentrato di pomodoro (1Cucchiaio)

Le cipolle ben grosse ed in abbondanza, vanno tagliate molto sottili. Mettere i condimenti e le cipolle nel tegame di coccio a fuoco calmo. Le cipolle non devono diventare rosse, ma solo afflosciarsi. In questa fase ci vuole molta attenzione. Le aggiunte ed i rimestamenti vanno eseguiti con amorevole sapienza e discrezione. “ Il ragù – disse Marotta – va celebrato”
Quando si vede che le cipolle si sono “arrese” si aggiungono i pezzi di carne alla e si fanno rosolare. Al momento giusto si versa un bicchiere di vino rosso, adatta ai piatti di carne. Quando anche il vino sarà sfumato, aggiungere tanti pomodori pelati passati passati al setaccio quanti ne sono necessari per far aumentare il volume di ¾. A questo punto ridurre la pianta, se possibile (poiché doveva già essere al minimo) ed inizia il periodo del “peppiamiento”.
Dice Marotta: “Il bollore deve esserci e non. In superficie il lento susseguirsi di bollicine svogliate avvertono che il fuoco è acceso, mentre il ragù sta pensando e cuocendo.
Dopo sette ore, buon appetito!