Struffoli Napoletani e Buone Feste!


So bene che questa non rappresenta una novità, nemmeno per il mio blog. Una versione di questo dolce – forse il più diffuso e noto della tradizione pasticcera natalizia napoletana - è infatti già pubblicata qui; ma questa volta ho voluto onorare la tradizione, utilizzando le indicazioni della mia nonna Napoletana DOC! Me l’ero ripromesso a febbraio, quando frugando tra i ritagli e gli appunti scritti di suo pugno, avevo trovato la sua ricetta, degli struffoli!

Torta di mele, il primo amore non si scorda mai...


La torta di mele è un grande classico... ma anche no! Ne esistono infatti mille versioni ed altrettante ricette, più o meno soffici e panose, o croccanti e burrose, vintage o rivisitate. Tutte hanno per me il sapore dello sbocciare del grande amore per la cucina e della passione per i fornelli, nata come un gioco bellissimo.
E proprio una bellissima, luccicante, colorata e rumorosa cucina giocattolo, infatti, è stato il mio primo approccio! Un regalo di Babbo Natale!
Ricordo come fosse ieri quel gigantesco pacco rosso, sotto l'albero addobbato, l'attesa trepidante della mezzanotte, le manine che corrono veloci sul risvolto della carta, il suo fruscio dello strappo e, finalmente, la comparsa dell'oggetto misterio!!!

Muffins Arancia e Cioccolato di Montersino


Come si fa a scaldare i pomeriggi di questo autunno e dissiparne il grigiore? Il sole, che sembra averci abbandonati troppo repentinamente, lasciando il posto a piogge torrenziali e vento gelido, ci priva delle mille sfumature di rosso e di arancio, dei tappeti di foglie croccanti e del loro fruscio e, se continua così, ci priverà anche dei caratteristici sapori, che già tardano all’appuntamento sulle nostre tavole.
Mmmh che voglia  di un buon bicchiere di Cagnina con le caldarroste o con la ciambella! E di un bel piatto di tagliatelle coi finferli, no??? Meno male che a quelli ci ha pensato zia Cinzia qualche settimana fa!

Di piadine, crescioni e riflessioni sulla lunga estate calda.


Che lunga separazione da questa mia creatura!
Quanto mi è mancato questo appuntamento!
Ma la primavera ed l’estate ormai trascorse, sono state dure e caratterizzate da una tale sensazione di “pienezza” da impedirmi di concedermi, con la serenità e la dedizione che merita, questo mio momento…
“Pienezza” sì, proprio così! Mi spiego meglio: mai capitato di alzarsi da tavola con la pancia talmente piena da non riuscire a portarsela dietro??? Personalmente non ricordo pranzo di Natale che non sia accompagnato da questa percezione! Ecco, immaginate ora di sentire lo stesso ma… nella testa!
La testa, il cervello, la mente letteralmente zeppa di nozioni, informazioni, pensieri, progetti più o meno ambiziosi, paure nuove a braccetto con le vecchie; e poi fare la conoscenza di nuovi colleghi e creare con loro un nuovo rapporto di amicizia; il sopraggiungere di nuovi impegni, di piccoli e grandi contrattempi; l’instaurarsi di nuove abitudini, lo sgretolarsi di antiche certezze… Tutto affollato nella mia mente.

Scones all'uvetta, aspettando la primavera!



La primavera sta facendo attendere un po’ in tutto il paese. Esplode per qualche ora durante il giorno e torna farsi desiderare verso sera. Viceversa a volte un pallido ma caldo sole fa capolino tra fitte falde di nuvole solo al tramonto. E allora visto che “in amor vince chi fugge” non inseguiamola, questa “maledetta primavera”!!!
In questo fine settimana dai tratti quasi autunnali, regaliamoci un ultimo scorcio di tepore: appuntamento alle 17 davanti ad una tazza di tea fumante e un dolcetto adatto all'uopo e, ingrediente fondamentale, la compagnia degli amici giusti!


Ci persone sorprendenti che attraversano la tua vita quando meno te lo aspetti, amici che sanno cosa voglia dire esserlo e che diventano subito fratelli.
Affinità elettive che si manifestano, rare e preziose, alle quali bisogna essere pronti per non lasciarsele sfuggire, che semplicemente si rivelano e vanno colte e coltivate sin dal momento in cui sbocciano.
Incontrare persone di questo spessore, con le quali serrature difficili come quelle del cuore si schiudono con naturalezza, con le quali mettere a nudo i lati più oscuri della propria vita e del proprio essere diventa semplici e naturali, con le quali senti di conoscerti da sempre perché bastano poche parole, a volte solo uno sguardo… è sempre più raro.
Se si ha la fortuna d’incontrarne, come è successo a me, si può dire d’essere ricchi.


L’amore al primo morso per gli SCONES è sbocciato a Londra, of course!, in una piccola sala da tea, dove il tempo si ferma, e sono sempre le 5 del pmeriggio, scovata grazie alla guida turistica senza la quale ormai non esco dallo Stato: ROUGH GUIDE!



SCONES
Ingredienti:
500g Farina
300ml latte
160g uvetta
110g burro
1bustina di lievito
2cucchiai di zucchero
1 uovo


Mescolare la farina con il lievito e il sale. Aggiungete burro morbido a fiocchetti e, con la punta delle dita, sbriciolarli nella farina finché non siano completamente assorbiti. Aggiungete l’uvetta, poi versate il latte al centro e mescolare. Lavorare l’impasto con le mani fino a quando non sarà più colloso. Stendere l’impasto a 3cm di spessore e, con un tagliapasta di 5cm di diametro, ritagliare gli scones, disporli su di una teglia da forno, lasciando 1 o 2 mm di distanza tra l’uno e l’altro. Spennellate la superficie con l’uovo sbattuto. Infornate a 200° per 15-20’ finché saranno leggermente dorati. Sfornare, staccare delicatamente gli scones e lasciarli intiepidire su di una griglia. Servire tiepidi.

Il casatiello napoletano della Nonna Antonietta... o quasi...

Cerco di scrivere di lei, senza trovare le parole, da quando se n’è andata. E forse non le trovo perché anche lei, da molto tempo ormai, di parole ne aveva ben poche.
Dopo anni trascorsi in lunga e penosa malattia, il 14 febbraio scorso è venuta a mancare ( …così s’usa dire, per addolcire un evento che di dolce non ha nulla) la Nonna 



La verità, però, è che la Mia Nonna, è venuta a mancare molto tempo fa, quando ha lentamente smesso d’essere quella donna-bambina statuaria ed altera, colta ed elegante, dolce e un po’ viziata.
Quando ha perso la sua memoria di ferro, sempre prodiga com’era nei dettagli dei suoi racconti: storie di un passato mitico ai suoi occhi,  ai nostri sempre uguale, e dal quale ci sentivamo tutti un po’ “inseguiti”!



Se avesse potuto vederci, nei giorni seguenti la sua dipartita, tutti insieme, i volti tristi su di un mare di fotografie sbiadite dal tempo … ah quante ce ne avrebbe dette! proprio lei, che sarebbe stata il miglior Cicerone tra quei ricordi, quando noi non avevamo orecchi per ascoltarli! 
O forse no, forse, si sarebbe accartocciata su se stessa in una delle sue famose risate a crepapelle che spesso, al solo pensiero di certi accadimenti, la portavano fino alle lacrime, senza riuscire a proferire parola, senza poter spiegare a cosa stesse ripensando, suscitando così, finalmente, il nostro interesse … 
Tecnica narrativa? Strategia? Non lo so, ma allora sì che riusciva a rapirci coi suoi racconti, a coinvolgerci, a trasportarci nel suo mondo, insieme a lei, nella leggenda …

E come spesso accade la sua storia più bella cominciava negli anni ’40, dopo la II Guerra : era quella che vedeva come protagonista una giovane coppia di innamorati,. 
Lei, di buona famiglia borghese napoletana, bella e colta; lui, un giovine di più bassa estrazione, affascinante e intelligente (“tuo nonno era un Signore”!), che tra i divieti familiari e le difficoltà della vita non si sarebbero mai più separati, fino alla prematura scomparsa di lui, nel 1977. 


Conservo ora, di lei, oltre a questi indelebili ricordi, poche cose di grande valore affettivo, qualche stoviglia che ho volutamente confuso tra le altre d’uso quotidiano, perché penso che solo così, possano accompagnarne il ricordo giorno dopo giorno, affinché non si dissolva.
Mi piace, trovandomeli in mano, dire: “Questo era della nonna” e poi metterlo in tavola…



E poi, una scatola di ricette: alcuni piatti forti, annotati di pugno; i ritagli di giornale di ricette che poi sono comparse sulla tavola o anche di ricette mai provate; mille versioni della stessa ricetta, alla ricerca spasmodica dell’alchimia perfetta per quella pietanza (…mmmh, mi ricorda qualcuno!!!)

Ciò che sicuramente abbiamo irrimediabilmente perso con lei, era il suo tocco personalissimo, i suoi “coup de théâtre” che rendevano ogni preparazione unica e solo da lei ripetibile; quello che ti faceva dire, assaggiando lo stesso piatto cucinato da qualcun altro: “Buono eh, ma come lo fa la Nonna Antonietta…” !

Uno di questi era proprio il Casatiello Napoletano, tipico piatto pasquale: un pane farcito che, solitamente, si mangia il lunedì di Pasqua nella tradizionale gita fuori porta.

Questa ricetta l’ho presa proprio dai suoi appunti ma purtroppo non somiglia nemmeno lontanamente a quello che per anni la nonna c’ha spedito a casa in occasione della Pasqua, quando io, la mia mamma e il babbo non potevamo raggiungere la famiglia a Benevento per queste feste.

… E non mi riferisco certo solo alle iniziali dei nostri nomi, disegnate sulla superficie, con strisce di pasta lievitata!



 Buona Pasqua!


CASATIELLO NAPOLETANO
1Kg farina
50g lievito di birra
500ml latte tiepido
300g sugna (strutto)
25g Pecorino Romano grattugiato
100g Parmigiano Reggiano Grattugiato
sale e pepe
150g salame
150g cicoli
200g ventresca (pancetta stesa)
300g provolone piccante

Sciogliete il lievito nel latte tiepido ed impastate la farina con questo liquido e lo strutto e aromatizzate con molto pepe nero. Fate lievitare l'impasto così ottenuto fino al suo raddoppio, occorreranno circa 2H.
Rompete la lievitazione e stendete l'impasto fino ad ottenere un rettangolo piuttosto grande (circa 30x40cm); cospargete il rettangolo così ottenuto con i formaggi grattugiati. Disponete in seguito tutti i salumi ed i formaggi tagliati a dadini.
Arrotolate l'impasto su se stesso fino a ottenere un “salsicciotto” che disporrete in uno stampo da forno rotondo, unto di strutto, piuttosto capiente; al centro dell’impasto un oggetto metallico (la caldaia della macchinetta da caffè) anch’esso unto, in modo da preservare la forma a ciambella.
Sulla superficie del casatiello disponete 5 o 6 uova sode o crude e assicuratele alla superficie di esso con delle strisce di pasta lievitata che vi sarete precedentemente ritagliate e messe da parte.
Fate lievitare di nuovo finoal raddoppio, occorreranno altre due 2H.
Infornate a 200° per circa 1h.
E’ ottimo sia caldo che freddo.



Crostata Meringata al Limone e qualche nozione di Galateo

Mi mette sempre un po’ in imbarazzo, quando ricevo un invito a cena, decidere che cosa portare. Un dolce? Il vino?? Un dolce e una bottiglia di vino??? 
Innanzi tutto, non è mai semplice trovare un dessert “take away” per la cena… Si rischia sempre che la scelta cada sulle classiche torte, facili da trasportare ma assolutamente più adatte ad un tea delle 5 o ad una colazione, quando sarebbero molto più appropriati dei dessert al cucchiaio, magari monoporzione, ma più impegnativi dal punto di vista logistico!

E poi ogni dessert rappresenta, secondo me, il naturale epilogo di un equilibrato percorso di sapori che, il susseguirsi delle pietanze che compongono il menù ha sapientemente tracciato.  ...Chiedere alla padrona di casa, cosa ha intenzione di preparare può metterla a disagio: e se avesse voluto giocare sull’effetto sorpresa? 


Molti infatti non sanno che, proprio questa scelta, che è la più praticata e largamente condivisa, è, in realtà, caldamente sconsigliata dalle regole d’etichetta del Galateo. Perché? In primo luogo perché un dono è tale quando offerto solo a al suo destinatario e non se si ha intenzione di condividerlo con lui, per la cena; in secondo luogo perché qualsiasi interferenza nella gestione del menù, con vino, dolce, o qualsiasi altra pietanza, non appropriata al menù stesso, pensato dalla padrona di casa, ne sconvolgerà i piani, mettendola in difficoltà; in ultima istanza perché è preciso compito dell’ospite prevedere la scelta di un vino adatto alle pietanze che saranno servite. 


Cosa portare allora???
Semplice! Dato per assunto che il dono che si offre ai padroni di casa, nulla dovrebbe avere a che vedere con il menù della serata, andrà benissimo una buona bottiglia di vino o un distillato, dando per inteso però che sia un dono personale per l’ospite, il quale sarà poi libero di condividerlo o meno.
Per la padrona di casa ( che è quella che spadella in cucina…) sono sempre graditi dei fiori che, in gesto di estrema galanteria, si potrebbero anche far recapitare a casa prima della cena.
Piccoli accorgimenti sui quali il Galateo è molto severo e che io cerco di seguire, senza eccessi di formalità.

Quando l’invito a cena è a casa di cari amici, però, e in più loro ti fanno l’inconsapevole cortesia di chiederti se gradisci un menù a base di pesce, chiedendoti di occuparti del  dessert, tutti i tasselli vanno magicamente al loro posto e  …et voilà!  



PASTA FROLLA di Luca Montersino
350g farina 00
200g burro
135g zucchero a velo
55g tuorli
vaniglia
un pizzico di sale
buccia di limone grattugiata

Disponete sulla spianatoia la farina a fontana, mettendo al centro lo zucchero a velo, i tuorli, il burro a pezzettini e a temperatura ambiente, il sale, la buccia di limone grattugiata, la vaniglia Bourbon. Cominciate a lavorare gli ingredienti con le mani fino a quando l'impasto si sarà conpattato; formate un panetto e avvolgetelo con della pellicola; riponete in frigorifero a riposare per 30 minuti prima di utilizzarlo. L’ intera operazione può essere eseguita anche con l'impastatrice oppure come ho già insegnato qui.
Trascorsa che sarà mezz’ora, stendere l’impasto in una forma circolare e cuocere in bianco, con l'aiuto di carta forno e dei pesetti, in forno caldo a 180° per circa 15’; poi togliere il peso e la carta forno e far cuocere altri 5’.

LEMON CURD

2 limoni
200g zucchero
70g margarina
3 uova

In una casseruola, riunite il succo di limone, la scorza grattugiata di mezzo limone, lo zucchero, il burro. Scaldate a fuoco bassissimo, mescolando finché la margarina e completamente sciolta. A parte, battere le uova poi unirle al composto facendole scendere da un colino. Fate addensare, sempre su fuoco dolce, senza far bollire, mescolando.
Quando sarà abbastanza addensata, versatela in una ciotola e lasciatela raffreddare, mescolando di tanto per evitare la formazione della pellicola superficiale.


(In alternativa, questa crema, si può conservare in vasetti, nei quali bisogna versarla quando è bollente e avvitare. Si conserva un massimo di 3 mesi.)

MERINGA ALL’ITALIANA di Luca Montersino
200g zucchero
50g acqua
125g albume
50g zucchero
(1 tappino di aceto bianco delicato)

In una pentola fate sciogliere 200g zucchero nell'acqua e cuocete a fiamma alta fino a raggiungere alla temperatura di 121°C (fatelo semplicemente poco più che bollire). Nel frattempo, fate schiumare lentamente gli albumi con 100g di zucchero;  versate lo sciroppo così ottenuto a filo nella planetaria senza fermarla e lasciate montare il composto fino al completo raffreddamento.
Disponete la meringa su di una teglia e copritela con la pellicola se intendete congelarla.

Aquesto punto avete tutti gli ingredienti per confezionare la vostra crostata. Disponete il guscio di frolla nel piatto di portata, versatevi dentro la crema al limone e disponete la meringa sulla superficie della crema con una sac a poche. Con un cannello da pasticcere, caramellate la meringa.

Se non disponete del cannello, potete creare un cerchio di meringa sulla carta d'alluminio o sulla carta forno e poi passarla sotto il grill del forno, finchè non avrà assunto la caratteristica colorazione. Dopodichè potrete adagiare il cerchio sulla superficie della crema.


Né Chiacchiere, né Bugie, ma Nocchetelle!


Tanti nomi per indicare lo stesso dolce, nelle sue varianti! Tutte a ricordare lo stesso profumo che accompagna il lancio di coriandoli variopinti e i musetti dei bambini, imbrattati di trucco improbabile e di zucchero a velo!
Anche il Sannio ha la sua ricetta e il suo nome: a Benevento si chiamano “nocchetelle”, cioè “fiocchetti", dalla caratteristica forma che assumono le losanghe di sfoglia così ripiegate e fritte in abbondante olio extravergine d’oliva bollente.

Che bello il Carnevale! I travestimenti, da sempre la mia passione e onnipresenti nei miei giochi di bambina, trovavano, in questa ricorrenza la loro naturale espressione.
Circondata com’ero dall’affetto di tutta la mia famiglia, non ho mai desiderato travestirmi da principessa, come la maggior parte delle mie coetanee, forse perché mi sentivo già una principessa!
In compenso però ho fatto le richieste più disparate, che sono state quasi sempre accolte con grande entusiasmo. Per prima la mia nonna, che pazientemente applicava volants rossi alla gonna di una ballerina di Flamenco (complice forse una precoce infatuazione per la “Carmen” di Bizet), fino a tarda notte. Poi la mia mamma che guidava le mie scelte sfogliando insieme a me i cartamodelli, portandomi a scegliere le stoffe in merceria e, tagliava e cuciva a mano, non possedendo una macchina per cucire, piccoli capolavori di sartoria.

Che eleganza quella geisha, con tanto di parrucca e trucco ad hoc!
Ma l’aneddoto più divertente resta legato ad uno splendido costume da pagliaccio, che la mattina del Martedì Grasso, prima di andare a scuola per la tradizionale festa, la mia mamma mi cucì addosso… Nel vero senso della parola! Mi fece indossare un fuseau e un lupetto bianco per proteggermi dal freddo, poi m’infilò delicatamente il costume, come fosse di cristallo e me lo chiuse sulla schiena, non avendo altro modo per farlo, … cucendolo!!!
Che ridere al solo ricordo di lei, alle mie spalle, intenta a cucire, intimandomi tra le risate, di restare immobile e di non ridere, poiché con lo scuotersi trattenuto della schiena, rischiava di pungermi con l’ago!
“E se devo fare la pipì???”
“…la terrai!!!”

Anche ora che sono adulta, ogni anno mi riprometto di trovare un gruppo di amici abbastanza folli con cui organizzare una festa in maschera, come quelle che andavano tanto di moda negli ’80, quelle dei miei genitori con i loro amici; di quelle che  ti trovi coriandoli addosso per una settimana!
E tutto per appagare il mio desiderio di indossare un travestimento che ho in mente da anni… Quale???
Sorpresa!!!
NOCCHETELLE
Ingredienti:
500g di farina
5uova
50g di burro
½ bicchiere di vino bianco secco
1 cucchiaio di zucchero
aroma di vaniglia
un pizzico di sale
Olio per friggere

Impastate la farina con 2 uova e 3 tuorli, lo zucchero, l’aroma di vaniglia, il burro ammorbidito e il vino bianco che verserete poco alla volta, finchè avrete realizzato una pasta morbida ma sostenuta come quella delle tagliatelle. Fate riposare l’impasto e stendetela poi in una sfoglia di 3-4mm, da cui ricaverete delle losanghe, con lo sperone a denti zigrinati. Incidete il centro di ogni losanga con un taglio di circa 3cm, sollevate un angolo della losanga e fatelo girare dentro al taglio, lasciando così la chiacchiera sul tavolo. Preparate tutte le “nocchetelle” e friggetele in abbondante olio extra vergine d’oliva. Diventeranno gonfie e bollose. Scolatele appena dorate e adagiatele su carta assorbente per fritti. Cospergetele di zucchero a velo quando saranno ancora tiepide. Servite fredde.

Baguette, che passione!


I saldi stagionali sono ormai agli sgoccioli e, contrariamente alle mie abitudini, quest’anno mi sono data a spese pazze! Si perché io, in questo (…ed in altri aspetti!) sono una donna un po’ atipica: non vado matta per l’acquisto di scarpe e vestiti, e, anzi, per farlo devo essere in un tale stato di grazia e in una tale positiva disposizione d’animo che finisco per rimandare al infinito il momento dello shopping, indossando sempre gli stessi capi fino a lederli e ad arrivare al punto che la eco del mio armadio ricordi molto quello della particella di sodio!!!

Assisto divertita e un po’ imbarazzata (chissà cosa penserebbero se vedessero il mio!!!) alle scenate di amiche che, donne sull'orlo di una crisi di nervi,  dinanzi ai loro guardaroba ricolmi e tracimanti, esclamano:
“…Oddio, e adesso… Non ho niente da mettermi!”
E comprendo e condivido la pungente ilarità del sesso opposto sull’argomento!

Ma anch’io ho il mio tallone d’Achille! Ci sono vetrine dinanzi ai quali non riesco a controllarmi: utensili da cucina, pentole e padelle, porcellane d’ogni foggia e uso, tovaglie e tessuti per la casa e libri di cucina!
Nei negozi di questo genere i minuti scivolano via senza che io me ne accorga, smetto letteralmente di guardare l’orologio.
Per questo tipo di  shopping non esistono confini, nemmeno quelli geografici!
Già da qualche tempo infatti, ho deciso che i souvenir delle mie vacanze, in giro per l’Italia o all’estero, devono essere legati alla mia passione viscerale per la cucina; in questo modo almeno non resteranno inutilizzati a prendere polvere su qualche mensola, ma prenderanno vita nel loro uso quotidiano!

La scorsa estate a Parigi, ho strappato al mio adorato maritino, un intero pomeriggio di shopping in rue Coquillière (ça va sans dire!), dove mi sono persa nei meandri di uno dei più antichi negozi di utensili professionali per la cucina: E. DEHILLERIN


Da questo negozio, ho portato a casa, tra le altre cose (…non mi posso mica giocare tutte le carte così!), la griglia x baguette che ho usato per queste mie! L’impasto della baguette infatti, è estremamente elastico e, durante la lievitazione, rischia di espandersi in tutte le direzioni perdendo la caratteristica forma se non arginato da questa grata, che, grazie alla sua foratura, ne consente anche una cottura omogenea.

Personalmente, non avrei mai immaginato che esistessero così tanti tipi di baguette, tutte diversificate tra loro per grandezza, peso e lunghezze. “Baguette” in francese significa “bacchetta” o “bastoncino”, e la leggenda vuole che a dare al pane questa caratteristica forma siano stati i cuochi dell’esercito napoleonico, per consegnare ai soldati un formato da poter riporre nella tasca della divisa.
La tradizionale è lunga 70cm, ha una crosta rugosa, le estremità appuntite e un peso che varia tra i 250 e i 300g.


Io collocherei queste mie nella categoria delle  bâtard” (letteralmente “bastarda”!), un po’ più piccola e leggermente più larga di una baguette tradizionale… ma posso garantire sul profumo di boulangerie che regna in casa, mentre cuociono in forno!!!


BAGUETTE
Ingredienti:
360ml di acqua
420g di farina “00”
90g di farina di farro
30g di lievito di birra
2 cucchiaini di sale
2cucchiaini di zucchero
2 cucchiai d’olio evo
1 cucchiaino di succo di limone

Impastare tutti gli ingredienti insieme. Dividere l’impasto in 3 parti uguali. Stendere ogni porzione di impasto in forma rettangolare e ripiegare il foglio così ottenuto su se stesso verso di voi, saldate con le dita. Ripetete l’operazione per altre 2 volte. Arrotolate poi l’impasto in modo da tenere la piega in basso. Fate lievitare 30’. Incidete 3 o 4 volte la superficie con una lametta, imprimendo dei tagli obliqui.
Infornate a 220° per 20’, dopo aver dato un colpo di vapore (cfr. vaporizzare acqua nel forno caldo, con uno spruzzino). 

La Crescente bolognese e il "crescentone"!


Bazzico Bologna sin da bambina, quando mia mamma mi stritolava la manina perché, troppo curiosa, non le scappassi dalla presa, passeggiando per le vie affollate del centro; o forse, perché spaventata dal pensiero che qualcuno potesse, approfittando di quel caos, strapparmi da lei e portarmi via.

L’avrò calpestato mille volte: c’ho assistito alla proiezione di decine di film per sfuggire alla calura estiva, che anche a tarda sera in queste zone non molla la presa; ho partecipato al concerto di Hüsnü Şenlendirici, musicista contemporaneo turco; un carissimo amico poi, mi ci ha portato a mangiare un gelato una notte di tantissimi anni fa, nel disperato tentativo di curare le mie pene d’amore…

Sto parlando del “crescentone”, la piattaforma pedonale che campeggia al centro di Piazza Maggiore, rialzata rispetto alla pavimentazione della piazza stessa, stesa all’ombra della facciata incompiuta della Chiesa di San Petronio. Esso rappresenta un po’ la memoria storica di tutti i bolognesi DOC e anche di quelli acquisiti!

Qui, infatti, dal 1400 in avanti, si svolgeva il mercato cittadino; e sempre qui, il 21 Aprile del 1945, giorno in cui Bologna fu liberata dai nazi-fascisti, arrivarono i carri armati americani. Di questo ultimo evento il “cescentone” conserva una ferita sul lato est, una scalfitura prodotta dal carro armato, alla quale i bolognesi sono tutti ormai un po’ affezionati, per ciò che rappresenta.

Il suo nome, ovviamente, è un omaggio, con una amichevole metafora gastronomica, alla celeberrima e gustosissima crescente bolognese, una focaccia bruna e fragrante in superficie, morbida e burrosa nel suo impasto punteggiato di frammenti di pancetta e ciccioli, che tagliata in tipiche losanghe romboidali, farcita con Mortadella Bologna DOP e accompagnata da un bicchiere di vino rosso… è la morte sua!!!

La migliore a Bologna si acquista da Tamburini insieme alla mortadella, ma rigorosamente dopo aver trascorso una mattina di shopping nei negozietti del Quadrilatero via Farini/ via Rizzoli/ via Castiglione/ Pavaglione, in zona mercato vecchio. Poi via di corsa all’Osteria del Soleun posto d’altri tempi dove, consumando un bicchiere di vino, ci si può accomodare ad un tavolaccio sgangherato per gustare le leccornie appena acquistate! Proprio così!

Attorno a voi troverete le comitive più disparate: gruppi di amici, famiglie intere, studenti, bologhesi DOC, gruppi di turisti spagnoli! C’è chi acquista i prodotti delle ottime gastronomie dei dintorno e poi mangia aprendo sul tavolo la “carta di formaggio”(!); chi si attrezza con tovaglia di stoffa e stoviglie usa e getta; e chi estrae dalla borsa termica la lasagna della nonna!!! Il tutto condito dalla cordialità dei gestori e dalla goliardia tipica bolognese.

Io la crescente la adoro, perfetta com’è per uno spuntino o un aperitivo informale tra amici.
La ricetta che ho usato per questa mia è quella tratta da “Pane e Roba dolce”delle S.lle Simili, non è come quella di Tamburini, ma vi assicuro che è un ottimo surrogato, a giudicare dalle poche briciole avanzate!!! 

CRESCENTE AL PROSCIUTTO O ALLA PANCETTA

Ricetta tratta da " Pane e Roba Dolce" delle S.lle Simili
Ingredienti:
500g di farina “0”
250g di acqua
25g di lievito di birra
150g di prosciutto crudo o di pancetta, tritati grossolanamente
50g di strutto
8g di sale
1cucchiaino raso di zucchero

Fare la fontana, amalgamare al centro tutti gli ingredienti ed impastare velocemente senza battere, formare una palla, coprire a cupola per 50’-60’ e lasciare lievitare.
Stendere l’impasto con il mattarello senza lavorarlo, formando un ovale di circa 1.5cm di spessore. Disporlo su di una teglia, pizzicarlo tutto intorno, tracciare delle losanghe sulla superficie con una lametta, spennellarlo con un uovo sbattuto e lasciare lievitare per altri 50’, o fino a quando il volume non sarà raddoppiato. Più lievita e più sarà soffice.
Quando è pronta per essere infornata, le parti pizzicate si arrotondano e le losanghe si aprono leggermente.
Cuocete in forno preriscaldato a 200°-210° per 40’-45’.

La ricetta del Ragù Napoletano e della sua Magia



La luce fioca del lampadario dell’angolo cottura di un grande ambiente adibito  a salotto, illumina il tavolo. Su di esso, china, una ragazza affetta cipolle... tante cipolle… Forse è il suo sorriso che spande quella luce.
Dietro di lei, di spalle, un giovane uomo, rimesta in un pentolone di coccio marrone, con un lungo, usurato cucchiaio di legno.
Scherzano tra loro, si stuzzicano, si prendono in giro amorevolmente, ridendo di gusto.
E’ sabato sera, e quella giovane coppia d’innamorati prepara, per il tradizionale pranzo della domenica, un piatto che abbia il potere di dissolvere per qualche ora la fitta trama del mantello di nebbia che protegge il paesaggio, avvolgendo già il balconcino fuori dalla porta finestra, sul lato opposto del grande salone.
Nella stesso ambiente, sotto l’affettuoso sguardo dei due, una bambina paffutella gioca ad imitarli, riempiendo e svuotando le pentoline di plastica che le ha portato Babbo Natale. Di tanto in tanto, sbircia divertita quella libera interpretazione dei gesti metodici che ha già visto compiere nelle cucine delle sue nonne.
Quel pentolone starà sul fuoco tutta la serata, riposerà durante la notte, per poi riprendere il suo borbottio in mattinata, fino all’ora del pranzo...

Passano gli anni, e quella bambina, che ormai è diventata una ragazza, non trascorre più i suoi sabati sera con mamma e papà, ma il profumo acre della cipolla, quello avvolgente della carne e quello dolce della passata di pomodoro, nel loro concerto di aromi, diventano la colonna sonora olfattiva del risveglio della domenica.
Per non parlare dell'esplosione, che provoca sul palato la fetta di pane condita con una generosa cucchiaiata di caldo ragù fumante, che la mamma le porge per la colazione!

Adesso, quando il ragù che “pippea” è quello della mia cucina, e la fragranza si diffonde nella mia casa, mi sembra di recuperare la magia di quei momenti, l'incantesimo di quei ricordi.

La ricetta della mia famiglia è quella tratta da “Frijenno&Magnanno” , vera poesia della cucina. E mi piace trascriverla così come è… tranne che per gli ingredienti per i quali preferisco dare qualche indicazione più precisa.

Nel rispetto della tradizione, ho usato il sugo per condire dei paccheri (o"schiaffoni" così chiamati per il caratteristico rumore che fanno quando quando vengono impiattati!), ma poi li ho ripassati in forno con mozzarella e parmigiano reggiano, nella più classica ma gustosa pasta al forno. Quindi il mio ragù ha cotto “solo” 4 ore!


RAGU’ di DON VITTORIO
Ingredienti :
Olio , burro, [lardo, sugna,] cipolle (3 grosse, napoletane),
carne (500g di spuntature di maiale) alla chianchiere (cfr. macellaio, quindi, per estensione “ a punta di coltello”), 2l di passata di pomodoro, concentrato di pomodoro (1Cucchiaio)

Le cipolle ben grosse ed in abbondanza, vanno tagliate molto sottili. Mettere i condimenti e le cipolle nel tegame di coccio a fuoco calmo. Le cipolle non devono diventare rosse, ma solo afflosciarsi. In questa fase ci vuole molta attenzione. Le aggiunte ed i rimestamenti vanno eseguiti con amorevole sapienza e discrezione. “ Il ragù – disse Marotta – va celebrato”
Quando si vede che le cipolle si sono “arrese” si aggiungono i pezzi di carne alla e si fanno rosolare. Al momento giusto si versa un bicchiere di vino rosso, adatta ai piatti di carne. Quando anche il vino sarà sfumato, aggiungere tanti pomodori pelati passati passati al setaccio quanti ne sono necessari per far aumentare il volume di ¾. A questo punto ridurre la pianta, se possibile (poiché doveva già essere al minimo) ed inizia il periodo del “peppiamiento”.
Dice Marotta: “Il bollore deve esserci e non. In superficie il lento susseguirsi di bollicine svogliate avvertono che il fuoco è acceso, mentre il ragù sta pensando e cuocendo.
Dopo sette ore, buon appetito!