Di piadine, crescioni e riflessioni sulla lunga estate calda.


Che lunga separazione da questa mia creatura!
Quanto mi è mancato questo appuntamento!
Ma la primavera ed l’estate ormai trascorse, sono state dure e caratterizzate da una tale sensazione di “pienezza” da impedirmi di concedermi, con la serenità e la dedizione che merita, questo mio momento…
“Pienezza” sì, proprio così! Mi spiego meglio: mai capitato di alzarsi da tavola con la pancia talmente piena da non riuscire a portarsela dietro??? Personalmente non ricordo pranzo di Natale che non sia accompagnato da questa percezione! Ecco, immaginate ora di sentire lo stesso ma… nella testa!
La testa, il cervello, la mente letteralmente zeppa di nozioni, informazioni, pensieri, progetti più o meno ambiziosi, paure nuove a braccetto con le vecchie; e poi fare la conoscenza di nuovi colleghi e creare con loro un nuovo rapporto di amicizia; il sopraggiungere di nuovi impegni, di piccoli e grandi contrattempi; l’instaurarsi di nuove abitudini, lo sgretolarsi di antiche certezze… Tutto affollato nella mia mente.


Nonostante questo turbinio di emozioni abbia  tentato di causare non poca distrazione, le forze e le energie erano tutte canalizzate al raggiungimento dell’obbiettivo e… PROVA SUPERATA!!!
Alla fine di questo lungo ed estenuante percorso, ogni sforzo è stato più che ripagato, dalla grande soddisfazione personale, dal riscatto professionale, dai complimenti inaspettati d’insospettabili osservatori, dalle dichiarazioni di stima di chi, discretamente ma con mano ferma, ha guidato il percorso, perché il raggiungimento di quel traguardo sarebbe stato anche un suo successo.

Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, però, non s’è trattato di un “negativo sentire”, tutt’altro! Non per me almeno, abituata come sono a mettermi in gioco, sempre totalmente, e buttarmi a capofitto nelle imprese, a volte anche troppo… Si perché, non contenta poi, alla fine della prova, fatico ad abbandonare la “trance agonistica” in cui inevitabilmente sono entrata e ne smaltisco l’adrenalina derivante, in un tempo un po’ superiore alla norma!!!
Colpa del carattere? Del perfezionismo? Del terrore di deludere se stessi e gli altri? Di quel maledetto senso del dovere??? Non lo so, ma, con l’aiuto di specialisti bravi (!!!), s’impara a convivere con se stessi!!! E il problema diventa di chi ti circonda !!!

Per tutte queste ragioni, ogni altra attività che richiedesse la mia presenza mentale è stata interrotta! Ma non si pensi ch’io non abbia, di tanto in tanto, indossato il mio magico grembiule e impugnato, a mo’ di bacchetta magica, la “cucchiarella” (vd. cucchiaio di legno)! E che, a seguito di ciò, non abbia costretto il mio reporter di fiducia ad immortalare le mie prodezze!
Così, soffiando via la farina e la polvere, ho tirato fuori dall’archivio questo irrinunciabile simbolo di Romagna, “…terra generosa…”,che, come ogni estate, è ospite di piacevoli fine settimana di mare e sole che, in particolarmente quest’anno, hanno rappresentato le mie uniche, sbocconcellate vacanze estive.

Di ricette della piadina ne avrò almeno 5, tutte debitamente testate, ma questa è imbattibile!
Comparsa qualche tempo fa sulle pagine di un quotidiano locale, in riferimento ad una ricerca su quale fosse la ricetta della vera piadina romagnola, questa deve la sua paternità ad una storica osteria 
chiamata “Cà de Vén”, nel centro di Ravenna: enoteca bellissima, con un’ottima scelta di vini locali di qualità, cucina tipica e una inimitabile piadina, che viene servita con salumi e, dulcis in fundo, squacquerone e fichi caramellati, della cui preparazione ho già parlato qui.

L’articolo era prolifico di varianti, tutte quelle delle varie capitali della Romagna, in feroce lotta tra loro, non solo per la paternità, ma anche per la originalità del prodotto.
Un consiglio??? Non vi addentrate in simili dispute storico-filosofiche tra Ravenna, Rimini e Riccione e date retta a me: provate questa e avrete la risposta!


PIADINA:
1kg di farina “00”
30g di sale fino (meglio se di Cervia!!!)
16g di lievito chimico per torte salate
6g di bicarbonato
180g di strutto raffinato
acqua tiepida q.b.

Sciogliete lo strutto e, aiutandovi con ¼ d’acqua calda, impastate insieme tutti gli ingredienti, fino ad ottenere un composto elastico. Fatene una palla e lasciatelo riposare, almeno 30’, in un luogo riparato. (Non importa che sia al caldo, questo impasto non lieviterà, ma il riposo è molto importante per la formazione della maglia del glutine.)
Dividete l’impasto in palline da 120g l’una e stendete l’impasto in dischi di circa 25-30cm.
A questo punto potrete cuocerne alcuni su di un testo di terracotta (ma anche una padella antiaderente con un fondo un po’ stesso andrà benissimo).
Farcite gli altri, ponendo al centro un cucchiaio abbondante di pomodori e pezzettini e mozzarella ben scolata. Chiudete questo “raviolo” gigante, assicurando i bordi, magari anche con i rebbi di una forchetta ben infarinata. Poneteli sulla piastra, in piedi, sul lato più corto e stretto. Dopo pochi minuti appoggiatelo dalla parte della sigillatura ed infine sull’altra.
Servite tutto ben caldo e accompagnate con un calice di Sangiovese Superiore.

1 commento:

Fatmire ha detto...

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